EMANUELA ZANASI
Cronaca

Infermiera accusata di omicidio alla Rsa di Formigine: iniezione letale e falsificazione cartelle

Una 49enne accusata di omicidio volontario in una Rsa di Formigine. Indagini su altri possibili decessi sospetti.

Sul caso indagano i carabinieri

Sul caso indagano i carabinieri

Modena, 14 dicembre 2024 – Ci sarebbe almeno un’altra denuncia precedente a carico dell’infermiera 49enne accusata di omicidio volontario nei confronti di una ospite della Rsa privata di Formigine, una donna gravemente malata alla quale – secondo l’accusa – l’infermiera avrebbe iniettato con una siringa vuota dell’aria nelle vene procurandone il decesso.

La professionista aveva infatti prestato servizio negli anni precedenti in altre strutture da dove sarebbe stata allontanata proprio per alcuni comportamenti anomali notati dai colleghi. In particolare si sarebbero accorti che la donna riusciva a contraffare cartelle cliniche alle quali non aveva diritto di accesso. La 49enne, è emerso, si occupava in particolare di pazienti molto gravi, scegliendo preferibilmente turni nel fine settimana, forse per avere meno occhi indiscreti intorno.

E’ stato il personale di una casa di riposo dove la donna aveva lavorato nel 2023 a sorprenderla falsificare prescrizioni farmacologiche entrando nel sistema informatico attraverso le credenziali di un medico, ma ancora prima, hanno ricostruito gli inquirenti, ci sarebbero altri episodi simili in altre due rsa dove la donna aveva lavorato nel 2020 e nel 2021.

L’infermiera sarebbe stata allontanata da tutte queste strutture ma mai interdetta dalla professione, trovando così un altro impiego nella Rsa formiginese.

Ombre sul passato della professionista sulle quali ora i carabinieri, coordinati dalla Procura, stanno cercando di fare luce, soprattutto vogliono accertare se la donna sia responsabile di altri decessi. Il quadro accusatorio per ora ha però un punto fermo: il grave episodio avvenuto nella struttura di Formigine il 31 maggio di quest’anno quando, secondo gli inquirenti, l’infermiera avrebbe iniettato aria nel catetere venoso di una paziente di 62 anni affetta da sla, allo stadio terminale della malattia, in regime di sedazione profonda provocandone il decesso.

Anche in questo caso la segnalazione è partita dal personale sanitario, testimone oculare del gesto della collega ma questa volta ha fatto scattare l’indagine della Procura e la successiva misura interdittiva dalla professione per 8 mesi.

La donna è accusata di omicidio volontario, aggravato dall’essere stato commesso con mezzo insidioso con premeditazione e a danno di una persona ricoverata. Le indagini però non sono ancora chiuse, per questo la 49enne, seguita dall’avvocato di fiducia Samantha Amodio, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia di sabato scorso davanti al gip Carolina Clò. "Non ho ancora avuto contezza integrale delle risultanze investigative – ha spiegato il legale – attendo di avere il quadro più completo affinché la mia assistita possa fornire alla Procura il suo contributo nella ricostruzione dei fatti; fatti che intende sicuramente spiegare per difendersi da questa accusa molto grave".