CHIARA MASTRIA
Cronaca

La regista di ‘4000 miglia’: "Tenerezza e riflessioni, una carezza al pubblico"

Angela Ruozzi: "Porto in scena l’opera dell’americana Amy Herzog. Vorrei che la gente uscisse dal teatro pensando: ce la posso fare".

La regista di ‘4000 miglia’: "Tenerezza e riflessioni, una carezza al pubblico"

La regista di ‘4000 miglia’: "Tenerezza e riflessioni, una carezza al pubblico"

Uno spettacolo che vuole essere "una carezza al pubblico" attraverso il racconto - molto ironico e molto poco retorico - dell’improbabile convivenza tra Leo, vent’anni, e la nonna Vera, novanta. Uno scoprirsi lento, fatto di solitudini, balbettii, scontri e incontri. Un viaggio iniziatico che, nell’immobilismo di un appartamento, vive la sua massima evoluzione. La versione italiana di ‘4000 miglia’ - opera della drammaturga americana Amy Herzog premiata con l’Obie Award 2011 e finalista al Premio Pulitzer 2013 - diretta da Angela Ruozzi, è sul palco del Nuovo Teatro delle Passioni di Modena da stasera al 28 gennaio. In scena la straordinaria Lucia Zotti insieme ad Alessio Zirulia, Lorena Nacchia e Annabella Lu.

Ruozzi, cosa l’ha colpita di questo testo? Come mai lo ha scelto?

"La capacità di Amy Herzog di riuscire a raccontare con ironia e senza retorica il tema della tenerezza. Questa storia di incontri e scontri che si generano tra Vera e Leo, sottobraccio, raccontano di una riuscita relazione di reciprocità".

Fulcro del racconto, il viaggio come rito d’iniziazione: Leo arriva da lontano e si presenta una notte, all’improvviso, nell’appartamento di New York della nonna.

"Il riferimento è all’on the road americano, anche se la mia messinscena vuole essere il più possibile fuori dal tempo e fuori dal luogo. Per portare questa atmosfera sul palco ho usato il suono, attingendo ai grandi cantautori americani, storici ma anche contemporanei: Eva Cassidy, i Gone Gone Beyond, Eddie Vedder. Sonorità tipiche americane per rievocare nello spettatore la sensazione di procedere".

Cosa scaturisce dall’incontro tra due generazioni agli antipodi?

"Vera, credente comunista che stima il welfare di Cuba, con un passato progressista, non riesce ad elaborare un discorso ideologico fondato sui suoi valori di allora: ormai quel mondo è sgretolato. Come lei il nipote Leo non riesce a costruire un discorso ideologico fondato sui suoi valori: ambientalismo, giustizia sociale. Assistiamo a una frammentazione del pensiero sia per lei che per lui, che vive nell’era del post-ideologico. Alla fine Leo riuscirà e a costruire il suo futuro inventando paradigmi nuovi, quello che presumibilmente spetta a tutti noi".

In questa storia la ‘tenerezza’ di cui sopra assume le forme del ‘prendersi cura reciproco’. In che modo lo interpreta?

"Creo relazioni acide di modo che una semplice carezza, data all’improvviso, sia in grado da sola di scatenare l’effetto ‘tenerezza’. Questo lavoro è nato durante la pandemia, quando eravamo separati, per cui era necessario portare un gesto di calore: per me questo spettacolo dovrebbe essere una carezza al pubblico, dovrebbe scaldargli il cuore in un’epoca molto cinica e post-ideologica in cui non abbiamo grandi valori a cui affidarci. In cui, per non perderci in un nichilismo esasperante, la relazione con l’altro diventa di fondamentale importanza. Per me il teatro è un grande atto di liturgia collettiva, un luogo d’ispirazione in cui lo spettatore va ad abbeverarsi, a nutrire il proprio immaginario, il proprio intelletto. In questo caso mi piacerebbe che il pubblico uscisse con una sorta di sorriso interiore. Come a dire: ‘ce la possiamo fare’".