
di Stefano Marchetti
"Ho avuto collassi di speranza, momenti di profondo sconforto. Però ho anche trovato un coraggio che non credevo di avere. E ho appreso il valore della pazienza che, prima ancora della calma, è davvero la virtù dei forti".
Filippo Neviani, in arte Nek, lo ammette con sincerità: il grave infortunio alla mano ha aperto una nuova ‘finestra’ sulla vita, sui valori, sul dolore e sulla rinascita. Lo scrive nel suo libro "A mani nude" (edito da Harper Collins), lo ha ribadito l’altra sera al Bper Forum Monzani, dialogando con il giornalista Daniele Soragni per il primo incontro della nuova edizione della rassegna promossa da Bper Banca. E in sala, ad ascoltare il suo racconto, c’erano alcuni ospiti speciali, medici e operatori della struttura complessa di Chirurgia della mano del Policlinico di Modena – una vera eccellenza della nostra sanità – che, in quel terribile giorno di novembre 2020, gli hanno salvato l’uso della mano sinistra: il primario dottor Roberto Adani, con la dottoressa Giovanna Petrella e il terapista occupazionale Francesco Casalgrandi, salutati da un lungo applauso.
Nek ha rievocato le fasi drammatiche dell’incidente che si è verificato nel suo ‘rifugio’ di Montegibbio, vicino a Sassuolo: mentre faceva bricolage, cercando di riparare un vecchio calesse, ha manovrato incautamente la motosega che gli ha reciso quasi completamente le dita. "Davanti alla paura si reagisce in due modi: o si scappa o si resta immobili. Io ho avuto una paura maledetta, la paura di morire, però ho deciso che non potevo stare fermo", ha aggiunto. La corsa all’ospedale di Sassuolo, poi il trasferimento a sirene spiegate al Policlinico di Modena per l’intervento d’urgenza. "Ricordo che, per farmi sentire a mio agio, mentre entravo in sala operatoria gli infermieri avevano messo tutte le mie canzoni e mi facevano forza. E intanto io continuavo a chiedere sull’operazione, su come sarebbe andata, e questo, e quello. Finché mi hanno intubato e ho dormito per dieci ore".
L’esito dell’intervento è stato felice, e nei giorni successivi – via via che si diffondeva la notizia del ricovero di Nek – il reparto del Policlinico è stato quasi ‘preso d’assalto’ da tante persone che volevano vedere e conoscere il cantante. "Praticamente tutti i reparti del Policlinico erano lì, sembrava un firmacopie – ha sorriso Filippo –. Avevano tutti voglia di darmi affetto, e io sinceramente avevo desiderio di prenderlo". La condivisione del dolore e della sofferenza ha aiutato a superare la crisi e lo sconforto. "Mi ha sostenuto anche la preghiera – ha sottolineato Nek –. In quei momenti difficili, mia moglie Patrizia e tanti amici hanno pregato l’arcangelo Raffaele, l’arcangelo guaritore a cui sono devoto, e ne ho ricevuto una forza speciale. Ho sentito vicino anche mio papà, scomparso dieci anni fa". Patrizia era in prima fila, l’altra sera al Forum Monzani. E c’era pure Beatrice che forse – ha rivelato ridendo Nek – preferisce le canzoni di Blanco a quelle del papà. Ad applaudire il cantautore di Sassuolo è arrivato anche Stefano Bonaccini, presidente della Regione. Filippo Neviani ha compiuto 50 anni il giorno dell’Epifania. E quest’anno festeggia anche trent’anni di carriera: "Vuol dire guardarsi indietro e riconoscere tutto il cammino compiuto – spiega –. Con il mio staff stiamo pensando al modo migliore per celebrare questo anniversario". Sperando che presto possano ripartire i concerti dal vivo, Nek dunque si prepara a incontrare nuovamente il suo pubblico. Sta recuperando progressivamente l’uso della mano sinistra, ma già suona il basso e il contrabbasso. "Voglio pensare che sia tutto più positivo, che ci sia stato già sufficiente dolore – ha proseguito –. E sto cercando si trasformare questo tempo anche nella ricerca di nuovi stimoli. Tornerò alla musica, ma ci saranno anche incursioni in altri settori".