
Il Gip ha smontato la versione del fratello che denunciò violenze in caserma. I legali dei militari: "È stato dimostrato che operarono correttamente".
"Gli elementi raccolti nel corso delle indagini, complete ed approfondite, hanno smentito totalmente la versione di Mohamed Sakka, che ha fornito agli inquirenti una ricostruzione di quanto accaduto non veritiera, incongruente e strumentale, tesa ad incolpare i carabinieri intervenuti la notte del 14 ottobre 2023 di una aggressione ai suoi danni e a quelli del defunto fratello. Il suo narrato risulta pienamente contraddetto dalla visione delle immagini di video-sorveglianza, dove si sono verificati gli inseguimenti. Dai filmati emerge l’assenza di colluttazioni tra le parti e l’evidente mancanza di ecchimosi sui volti e sugli arti delle persone offese, frutto di presunte azioni lesive a loro inflitte dagli agenti". E’ a queste conclusioni che è giunto il giudice Barbara Malvasi che ieri, con tali motivazioni, ha archiviato il fascicolo relativo alla morte del 31enne tunisino Taissir Sakka, trovato senza vita a metà ottobre del 2023 nel parcheggio del cinema Filmstudio 7B, in via Nicolò dell’Abate.
Nel fascicolo sul decesso di Taissir risultava indagato un carabiniere per morte come conseguenza di altro reato, mentre altri cinque colleghi erano chiamati a rispondere di lesioni presumibilmente cagionate a Mohamed, fratello del 31enne. Secondo il gip, in sostanza, la versione fornita proprio da Mohamed Sakka è del tutto inattendibile, frutto della volontà della presunta parte offesa di ‘attaccare’ i militari. I legali dell’uomo, gli avvocati Fabio Anselmo e Bernardo Gentile, avevano presentato opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura ritenendo che, seppur la morte di Sakka fosse riconducibile ad un ‘evento naturale’ (problema cardiaco), i fratelli, nonostante l’immediata identificazione, fossero stati portati in Caserma senza alcuna valida ragione e in assenza della minima verbalizzazione. Non è così per il giudice che, nel motivare l’archiviazione del caso, ripercorre quanto avvenuto quella notte, condividendo in pieno le ragioni dedotte dal pubblico ministero. Tutto aveva avuto inizio con una lite tra i fratelli e due minori all’esterno della polisportiva Arci di Ravarino, a seguito della quale erano intervenuti i carabinieri. I fratelli erano stati poi condotti in caserma. Secondo Mohamed in quel contesto il fratello poi deceduto era stato ammanettato e picchiato. Stessa ‘sorte’ sarebbe toccata – secondo la denuncia presentata da Mohamed – a quest’ultimo al ritorno in caserma. Le immagini interne ed esterne avrebbero mostrato un’altra verità: quella dei due fratelli che si allontanano senza alcuna lesione al volto o agli arti. "Null’altro di penale rilevanza è emerso dalla presente indagine" ha concluso il giudice (Le indagini erano state condotte dalla mobile). I difensori di quattro carabinieri indagati, gli avvocati Cosimo Zaccaria e Roberto Ricco sottolineano: "Il Gip ha finalmente messo nero su bianco che nei confronti dei fratelli Sakka non vi fu alcuna violenza e che l’operato dei militari dell’Arma fu assolutamente corretto. Nonostante, ancora nei giorni scorsi, si sia ventilata l’ipotesi, addirittura, di un arresto illegale o del sequestro di persona dei due fratelli Sakka da parte di sei carabinieri, l’Autorità Giudiziaria ha definitivamente accertato che la morte di Taissir Sakka fu tragicamente causata da una grave malformazione cardiaca e che neppure al fratello Mohamed fu torto un capello. Fin dall’inizio ci eravamo permessi di sottolineare l’assenza di comportamenti scorretti da parte dei militari, riversando le nostre considerazioni in due memorie difensive le cui conclusioni ci paiono essere state pienamente accolte e ben vagliate dal Giudice".
Ad intervenire sull’archiviazione è anche Usmia Carabinieri che, nell’esprimere soddisfazione, con il segretario generale Carmine Caforio afferma: "Sin dall’inizio, abbiamo riposto piena fiducia nella giustizia, garantendo tutela legale gratuita ai nostri iscritti. Il Gip ha confermato l’infondatezza delle accuse".