STEFANO MARCHETTI
Cronaca

Nino Letteriello, il signore dei dati: “Così il flusso di informazioni può aiutare la nostra vita”

Il punto dell’esperto di data management: "Informazioni sempre più fondamentali per la gestione aziendale". Ma molte realtà ancora divise tra scetticismo e ’paranoia digitale’

Nino Letteriello, 44 anni, modenese: è presidente itraliano di Dama International

Nino Letteriello, 44 anni, modenese: è presidente itraliano di Dama International

Modena, 29 aprile 2024 – I dati non sono una "invenzione" di oggi. "Sono sempre esistiti e li abbiamo sempre utilizzati: le previsioni del tempo, per esempio, si basano essenzialmente su dati e informazioni. Semplicemente, oggi si è dovuta sviluppare una disciplina dei dati perché ne raccogliamo molti di più e la loro complessità è aumentata", spiega Nino Letteriello, uno dei principali esperti europei del data management, presidente italiano di Dama International (l’associazione del settore) e coordinatore per Europa, Medio Oriente e Africa. Un signore dei dati.

Letteriello, 44 anni, docente in varie università e business school, è emiliano: originario di Pavullo nel Frignano, abita a Modena ma il suo sguardo è aperto al mondo. Ingegnere gestionale, ha iniziato la carriera nel mondo dei trasporti, ed è stato project manager per le Olimpiadi di Londra e per i Mondiali di calcio in Brasile, specializzandosi quindi nello studio e nella gestione dei dati: lo scorso febbraio è stato anche protagonista al World Governments Summit di Dubai, dove si è anche siglato un accordo con gli Emirati per scambi di conoscenze ed esperienze di Data Strategy, Data Science e Data Management.

Letteriello, oggi sembra che tutto ‘giri’ attorno ai dati.

"In realtà anche 10 o 15 anni fa le decisioni e le scelte si facevano sempre basandosi su informazioni. Certo, oggi c’è una consapevolezza maggiore, anche perché la mole di dati è aumentata, e non sono più semplici numeri, ma anche immagini, articoli, email. Noi ne parliamo con le tre V: velocità, volume e varietà. E le trasformazioni sono molto veloci".

Chi è un data manager? E qual è il suo compito?

"Partiamo da un presupposto: non si può controllare quello che non si misura. Un data manager, quindi, prima di tutto deve definire cosa si debba misurare e come farlo in maniera adeguata, ovvero a quale livello di qualità e tempestività. Poi deve individuare i dati che siano strumentali al servizio da offrire. Ovviamente ogni settore ha esigenze diverse: una banca, per le sue operazioni, avrà bisogno di dati in tempo reale, chi lavora nel turismo dovrà conoscere le proiezioni di traffico o il meteo".

Quindi gestire i dati richiede una professionalità compiuta.

"Certo, ogni data manager deve soprattutto conoscere bene le esigenze del suo cliente per aiutarlo, attraverso i dati, a sviluppare meglio il prodotto o il servizio che deve fornire. Oggi tutte le grandi aziende hanno al loro interno un Cdo, ovvero un responsabile dei dati: nelle piccole e medie imprese, che sono lo zoccolo duro delle aziende italiane, spesso ancora manca una figura di riferimento. Eppure i dati rappresentano veramente un’enorme opportunità per tutti".

Tuttavia oggi c’è chi ha paura dei dati. Sono timori giustificati?

"Anche quando comparvero le prime automobili, c’era chi le vedeva come macchine infernali e ne era spaventato. Tutti devono rendersi conto dell’importanza dei dati, evitando quella che io chiamo la ‘paranoia digitale’. I dati esistono, dobbiamo familiarizzare con essi e capire che sono uno strumento utilissimo per molte attività, quindi tutti ne possiamo beneficiare. È una questione educativa. Occorre comprendere che esiste un nuovo attore nelle nostre vite: parlarne in maniera complottistica porta soltanto fuori strada".

Una situazione in cui i dati sono stati fondamentali?

"Tutti abbiamo vissuto il periodo del Covid, e i dati sono stati l’attore principale nella risposta alla pandemia. Nel Regno Unito, il premier Boris Johnson, a chi gli chiedeva quando sarebbe finito il lockdown, rispondeva sempre ‘Non vi darò una data, ma vi darò un dato’, ovvero segnalava che le riaperture sarebbero avvenute sulla scorta dei numeri su infezioni, contagi, guarigioni".

Dove vanno, allora, i dati?

"I dati saranno sempre più fondamentali nell’ottimizzazione dei processi e nella gestione aziendale, e credo che che le aziende dovranno rendersi conto che i dati sono un patrimonio da considerare come un bene di bilancio. Pensate che soltanto Facebook possiede almeno 7 giga di dati per ciascun utente. In più i dati saranno la benzina delle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale. Andranno sempre governati con cura e con etica, e tutti ne potremo trarre un miglioramento per le nostre vite".