
La pagina del Carlino con la notizia dell'omicidio
Modena, 29 giugno 2017 - «Ho pagato il mio debito e forse molto di più di qualsiasi altro italiano accusato del mio stesso reato. Cosa faccio adesso? Mi sposo».
Dopo trentacinque anni da un delitto che sconvolse Modena Irmo Lancellotti, l’artigiano condannato all’ergastolo per aver assassinato la suocera, è completamente libero.
Due giorni fa, infatti, il tribunale del riesame ha decretato l’estinzione della pena. L’uomo, oggi 65enne e difeso dall’avvocato Gianpaolo Verna può vivere la propria vita dopo trent’anni e un giorno trascorsi dietro le sbarre e gli altri tra semilibertà e condizionale.
L’omicidio di cui si macchiò nell’ottobre del 1982 è noto come il ‘delitto della Sacca’. Il 65enne assassinò la suocera, la barista della polisportiva Sacca Lidia Ferrari, dopo averla attirata in una trappola in un garage di via Mazzoni. La vittima fu uccisa con una bastonata alla testa e tagliata a pezzi. Il cadavere fu bruciato infine in Puglia, verso Foggia. Il processo a suo carico finì con la sentenza ‘fine pena mai’ ma dopo anni trascorsi nelle celle dei penitenziari di Porto Azzurro, Pianosa e Sant’Anna e visto il suo comportamento ritenuto irreprensibile, per Irmo si sono aperte le porte della libertà in anticipo.
Come si sente oggi, dopo la decisione del tribunale del riesame?
«Sento che finalmente posso iniziare a vivere. Voglio anzitutto ringraziare l’avvocato Verna per il grande operato ma, in primis, dopo tanti anni, voglio dimenticare. Sono padre di tre figli stupendi, l’ultimo ha 4 anni mentre la prima cosa che voglio fare ora è sposarmi. Siamo insieme da nove anni ma aspettavo la parola fine per portare la donna che amo all’altare».
Lei è da tempo fuori dal carcere.
«Sì, con la condizionale e lavoravo in campagna. Non mi hanno regalato nulla. Anche perchè non potevo allontanarmi da Modena e dovevo sempre rientrare a casa entro mezzanotte. Prima ancora ero in semilibertà e alle 22 dovevo rientrare in cella, quindi ogni sera ero costretto ad abbandonare la mia famiglia. Per me quello che è successo è una partita chiusa, me la sono dimenticata nove anni fa quando ho ripreso a vivere».
Cosa insegnano tanti anni di carcere?
«Sinceramente nulla. Non insegna niente a nessuno la galera e se si prende la strada cattiva si diventa ancora peggio. Io ho messo la testa sotto la sabbia e ho sempre lavorato sodo. Non ho mai litigato con nessuno e mi sono sempre fatto gli affari miei sperando sempre in una sola cosa: la libertà».
Ha fatto amicizia in carcere?
«Sì, ma anche quelle amicizie le ho lasciate alle spalle. Ho ancora tanti amici che sanno quello che ho fatto ma finisce lì. Sono una persona normale, come tutte le altre. Sono stati cinque minuti di rabbia e ho pagato abbastanza. Mi dispiace per quello che ho fatto ma purtroppo non si torna indietro. Sono un essere umano che dopo tanti anni ha ripreso a vivere e vive felice. Mi sono fatto 30 anni e un giorno di carcere senza mai uscire. Penso di essere l’unico detenuto in tutta Italia ad aver scontato una pena del genere. Forse perchè a Modena non era mai accaduto nulla di simile».
Cosa ricorda di quel giorno?
«Una mattina ho litigato con mia suocera, è arrivato il momento di rabbia e dopo cinque minuti non sapevo più cosa fare. Chi mi ha sempre conosciuto e sa che persona sono si sta ancora chiedendo il perch’. Quando sono entrato in carcere ho perso la famiglia, ho perso tutto per un colpo di testa ed il mio scopo era rifarmi una vita e una famiglia. E ci sono riuscito».
Come vi siete conosciuti lei e la sua futura moglie?
«In un locale, durante la semilibertà. Ho trovato una donna che crede in me e ci amiamo».
Oggi è una persona nuova?
«Ero e sono una persona normale. Sono libero, non ho più le ombre che mi perseguitano. Ho pagato pienamente il mio debito».