REDAZIONE MODENA

"Pandemia, se stiamo uniti ne usciremo più forti"

Il vescovo Castellucci celebra la Messa dedicata alle vittime del Covid: "Facciamo squadra oggi per riabbracciarci domani"

Il vescovo Castellucci celebra la Messa dedicata alle vittime del Covid

"Usciremo da questa crisi, se dopo il deserto provocato dalla pandemia diventeremo ancora città, se creeremo delle reti - cosa che sta già avvenendo -, se ci daremo ancora la mano, se quando sarà possibile recupereremo gli abbracci mancati e tutte le carezze che non abbiamo potuto dare o ricevere, se di nuovo torneremo a essere comunità unita. Allora il deserto del cuore non ci avrà conquistato". È trascorso un anno da quando nel lodigiano venivano isolati i primi casi sospetti di Covid-19. L’arcivescovo di Modena-Nonantola volge lo sguardo verso la drammatica esperienza della pandemia. E commentando il vangelo di Marco proposto nella prima domenica di quaresima lancia un messaggio di speranza per tutti i modenesi. "La desertificazione delle città – dice monsignor Erio Castellucci – rischia di diventare desertificazione dei cuori. E se ciascuno rimane raggomitolato su se stesso non ne esce". Le bestie selvatiche, quelle che hanno tentato Gesù nel deserto, rischiano di essere più forti degli angeli se adesso, ancora in piena emergenza sanitaria, non abbandoniamo la nostra solitudine, per "fare rete", per metterci insieme a ricostruire la comunità, la città, i luoghi di lavoro così come quelli in cui siamo impegnati. "Abbiamo vissuto un anno all’insegna dell’essenzialità – ricorda Castellucci durante la messa dedicata alle vittime del Covid –. Abbiamo imparato e stiamo imparando a distinguere meglio ciò che davvero conta nella vita, che ha a che fare con il senso dell’esistenza, e ciò che invece pur attraendo troppe volte le nostre passioni è secondario, è utile ma non è essenziale. Ciò che conta alla fine è la relazione, è quella gamma di relazioni autentiche che costituiscono il tessuto bello della nostra esistenza. Per chi crede a partire dalla relazione con Dio che dà spessore a tutte le altre. Per tutti le relazioni umane, vere, quelle che si incidono nel cuore". Con questa "strana miscela" di distanziamento e desiderio di relazione, di isolamento e bisogno dell’altro, abbiamo trascorso questo anno. Certamente ci aspetteranno altri mesi. Ma già ora – come spiega il vescovo – dobbiamo preoccuparci del dopo. "Gesù esce dai 40 giorni del deserto non abbattuto, ma rinforzato". Anche noi allora possiamo e dobbiamo uscire rinnovati, senza cancellare o censurare le grandi sofferenze che abbiamo vissuto, i lutti e le fatiche esistenziali, ma valorizzando il tanto bene che è stato compiuto, dagli operatori sociosanitari ai volontari, dai ricercatori agli insegnanti, dalle forze dell’ordine agli amministratori.

Paolo Tomassone