Uccise la moglie, la madre di Giulia Galiotto: "Semilibero? Continuiamo a lottare"

La mamma della vittima: "Media e politici si sono mobilitati, tenere i riflettori accesi. L’omicida ci offre 50 euro al mese come risarcimento, una presa in giro: non possiamo accettarlo"

Modena, 13 settembre 2022 - «Negli ultimi due giorni si è mosso l’intero mondo dei media e si sono fatti sentire anche diversi esponenti politici. Spero, ora, che non succeda come accade spesso, e cioè che se ne parli solo finché il tema è caldo e poi tutto finisca nel dimenticatoio. La mia battaglia non è solo per Giulia, ma per le centinaia di donne che subiscono violenza ogni giorno".

Giulia Galiotto nel giorno del suo matrimonio. In alto la mamma Giovanna Ferrari
Giulia Galiotto nel giorno del suo matrimonio. In alto la mamma Giovanna Ferrari

Uccise la moglie a Modena, è in semilibertà. La mamma di Giulia: "Presa in giro" - "Giulia Galiotto vittima due volte. Questa non è giustizia"

Giovanna Ferrari, mamma di Giulia Galiotto, ammazzata a colpi di pietra dal marito Marco Manzini a febbraio 2009, è un fiume in piena. La Cassazione nel 2013 condannò l’uomo per omicidio a 19 anni e quattro mesi di carcere. Eppure oggi Manzini è in semilibertà, in prova ai servizi sociali da febbraio. Il fine pena, previsto nel 2028, è stato anticipato grazie alla ‘buona condotta’ al 2025. Manzini, tramite i propri legali ha offerto ‘come azione riparatoria risarcitoria volontaria’ cinquanta euro al mese alla famiglia. Una volta reso noto l’accaduto, l’Unione donne italiane ha subito alzato la voce: "Inaccettabile".

Ferrari, lei ha già annunciato che non accetterà alcuna mediazione penale, come richiesto da Manzini...

"Non si media sull’omicidio della propria figlia. Giulia era una persona aperta, socievole, sognava una famiglia e lui l’ha fatta passare in aula per una poco di buono. Ma se anche lo fosse stata – cosa che non era assolutamente – allora è giusto che lui l’abbia ammazzata? In questo modo continuiamo a suggerire buone ragioni per ammazzare e maltrattare le donne. Non accettiamo alcuna mediazione. Il fatto che venga imposto il perdono da parte di chi ha subito mi pare il massimo dell’ipocrisia. Stiamo dando alla società un messaggio: essere spietati vuol dire essere vincenti. Ho appreso della semilibertà di Manzini, attraverso la lettera inviata ai nostri legali dove ci veniva chiesto di dare una risposta scritta per accettare i 50 euro al mese. Non lo consideriamo certo un gesto favorevole, ma l’elemosina rispetto a quello che ci deve dare in base alla sentenza. Eppure ci ricatta anche ora. Dovremmo incontrarlo per favorire il suo inserimento nella società? A quanto pare il suo spazio lo ha già trovato e mi pare che in questo modo si stia solo acuendo la violenza che ci è stata fatta da lui e dalle istituzioni. Lo Stato non può pretendere che la famiglia aiuti l’assassino di sua figlia nell’inserimento della società".

Che tipo di persona era Manzini?

"E’ sempre stato pieno di sé, riservato, di quelli che parlano e si espongono poco. Aveva un atteggiamento di superiorità anche nel gruppo degli amici, spesso prevaricatore. Nei nostri confronti sapeva mantenere un atteggiamento di disponibilità pur con questa riservatezza: quindi ha il pieno controllo degli impulsi come gli abili manipolatori. Giulia è venuta da noi diciotto giorni prima di essere uccisa per raccontarci quello che stava vivendo, passando. Una crisi matrimoniale dovuta al fatto che lei desiderava un bimbo che non arrivava".

La sera dell’omicidio cosa capitò?

"Lui la chiamò al telefono dicendo che doveva mostrarle qualcosa. Lei sperava in qualcosa di positivo, in uno spiraglio in quella crisi. Hanno escluso la premeditazione eppure lui senza mezza parola l’ha colpita alla testa: le chiazze di sangue erano all’ingresso del garage. Lui in aula parlò di una furibonda lite, ma nessuno dei vicini ha sentito nulla. In tribunale l’imputato è legittimato alla menzogna. Lui ha accusato sia Giulia che noi di essere dei bugiardi, ma lei il suo testamento ce l’ha lasciato nei giorni che precedettero il delitto. Lui non usava le mani, ma una violenza terribile e psicologica, che intrappola".

Lui vi avvisò della sua scomparsa?

"Erano le 23 ed eravamo a letto. Lui chiamò chiedendo a mio marito se Giulia fosse da noi. Noi eravamo preoccupati perché la vedevamo soffrire ma da ingenui non avevamo mai pensato che potesse ucciderla. Ha sempre recitato bene la parte del brav’uomo. Ci fece vedere un biglietto che lei aveva scritto mesi prima del matrimonio, in cui lei gli chiedeva scusa, facendoci pensare che si fosse uccisa. Perché era tutto assolutamente premeditato. Sapete quando ci ha chiesto scusa Manzini? Quando doveva fare la consulenza psichiatrica e gli serviva: era parte della sua strategia farci arrivare le scuse tramite gli avvocati. Era tutto studiato, così come lo è questa lettera che ci hanno mandato. Tutto è fatto nella sua ottica di parte. Lui addirittura quasi ci ricatta. E lo Stato glielo permette".