Vaccino Covid, Pani: "Non esistono farmaci a rischio zero: il Covid fa molto più male"

Luca Pani, ordinario di Farmacologia di Unimore: "Quando ci si trova nel mezzo di una pandemia bisogna essere molto chiari"

Vaccini (Foto d'archivio)

Vaccini (Foto d'archivio)

Modena, 21 aprile 2021 - Luca Pani è ordinario di Farmacologia clinica a Unimore e lavora anche negli Stati Uniti: un nome affermato a livello mondiale avendo diretto dal 2011 al 2016 l’Aifa, l’agenzia italiana per i farmaci, ed essendo stato anche componente dei comitati scientifici e manageriali di Ema, l’agenzia europea incaricata di approvare la commercializzazione dei farmaci dal 2010 al 2017. Con lui abbiamo voluto fare il punto su AstraZeneca e Johnson&Johnson, sospeso negli Usa dalla Fed.

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Professor Pani, cosa ha determinato questa decisione?  «Non ho accesso ai dati della farmacovigilanza nei dettagli che servono per poterle dare questa risposta. Immagino che si tratti di capire se il profilo rischio/beneficio vada aggiornato per, magari, mettere una limitazione d’uso nelle persone di genere femminile di età inferiore ai 50 anni».

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E’ un eccesso di prudenza che non tutti i Paesi, tra cui l’Italia, possono permettersi. Condivide questa cautela?  «No perché alla fine, se i numeri restassero questi, i rischi di progressione di malattia e conseguenze anche fatali del non vaccinarsi sarebbero comunque centinaia di volte maggiori. Bisogna ricordare che gli inglesi che hanno usato AstraZeneca in 30 milioni di casi hanno calcolato che nella decade tra i 60 e 70 anni coloro che non si vaccinano rischiano di andare in terapia intensiva 600 volte di più rispetto ad avere un evento avverso grave dopo essere stati vaccinati». 

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Sono fondati i dubbi che investono i vaccini J&J e AstraZeneca?  «Non lo sono e non andavano alimentati da una scarsa conoscenza dei ruoli e delle procedure da parte delle istituzioni preposte. Quando ci si trova nel mezzo di una pandemia che non si riesce a controllare bisogna essere molto chiari nella comunicazione. Bisognava ricordare frequentemente che i vaccini erano autorizzati (e non approvati) in condizioni di emergenza e che le informazioni che sarebbero arrivate dalla pratica clinica avrebbero potuto modificare le indicazioni d’uso. E bisogna evitare di scrivere cose come ’raccomandazioni preferenziali’ o ’si suggerisce’ o ’si consiglia’ perché la gente si confonde e non capisce cosa fare. Esattamente come è successo». 

Gli altri vaccini Pfizer e Moderna non determinano casi avversi?  «Assolutamente si, con una frequenza di circa 1 caso su 1000 somministrazioni anche se di grado diverso e - per il momento - senza nessun evento letale. Si tratta di fastidi sul punto di iniezione, arrossamenti, dolore o, in alcuni casi, febbre anche superiore ai 38,5 gradi e una sindrome simil-influenzale che può durare anche alcuni giorni. Non esistono farmaci a rischio-zero perché non esiste un mondo a rischio-zero. E’ una questione di probabilità relativa e i rischi da Covid-19 sono migliaia di volte superiori senza dubbio». 

Che cosa differenzia questi 4 vaccini e lo Sputnik di cui tanto si parla oggi?  «In Europa, peraltro unico continente al mondo ad averli tutti, a oggi sono stati approvati quattro vaccini anti Covid-19. Due sono a mRNA e due a vettore virale come è Sputnik e, se non sbaglio, come dovrebbe essere quello italiano Reithera, che due mesi fa era stato annunciato come il grande risolutore di tutti i nostri problemi e di cui nessuno parla più in questo momento, forse perché la Commissione Europea ha appena annunciato che sposterà le sue strategie d’acquisto su quelli a mRNA».