Una richiesta danni da 93mila euro dopo essere caduto dalla bici: ma il giudice ha dato torto al ciclista e ha dato la colpa alla velocità. E’ quanto stabilito da una sentenza del tribunale civile di Pesaro. Il ciclista aveva citato in giudizio la Provincia chiedendo un risarcimento a diversi zeri dopo una rovinosa caduta avvenuta il 7 ottobre 2017 lungo la provinciale 44, nei pressi della rotatoria per San Giovanni in Marignano. Ma per il giudice la colpa è stata sua. Richiesta respinta, spese legali (ben 12mila euro) a suo carico, e quelle della consulenza tecnica. Secondo la ricostruzione dell’uomo, a causare l’incidente sarebbe stato "uno ‘scalino che attraversava ortogonalmente la corsia di marcia’, non visibile per la posizione – si legge nella sentenza - e ‘l’ombra proiettata dagli alberi’". L’impatto lo ha mandato all’ospedale con varie fratture: faccia, 7 vertebre, clavicola, scapola e pneumotorace. A questi danni, ha aggiunto quelli morali, le spese mediche e i costi di riparazione della bici in carbonio distrutta. Secondo il consulente d’ufficio, però, lo scalino era ben visibile, anche in ombra, da oltre 12 metri. Tanto che un compagno di pedalata, subito dietro nel gruppo dei ciclisti, è riuscito a fermarsi in tempo. E le foto scattate sul posto, confermate dai testimoni, parlano chiaro: "il manto stradale - si legge nella sentenza - era diffusamente rovinato, e aveva nel tratto terminale un gradino di pochi centimetri (1 o 2 al massimo) in corrispondenza della zona di rifacimento dell’asfalto di colore marcatamente più scuro rispetto alla zona sconnessa di colore grigio chiaro". Un quadro che avrebbe dovuto farlo allertare. Il giudice ha ritenuto "francamente improbabile" che una scanalatura di appena 1 o 2 cm potesse provocare da sola un volo tanto rovinoso. "Molto più verosimile – si legge nella sentenza - che a determinare la caduta sia stata la perdita di aderenza del veicolo, a causa dell’eccessività velocità del ciclista".
Antonella Marchionni