REDAZIONE PESARO

"Chi scriverà di me quando sarò tra 4 assi di legno"

Sergio Mattarella, capo dello Stato, ha detto: "Sono vecchio e tra otto mesi potrò riposarmi". Frase che la giornalista Viviana Ponchia sviluppa scrivendo- nell’articolo "Il coraggio di fare i conti con l’età. Quelle parole che non diciamo più" (QnCarlino, 20 maggio, p. 11) – che "la vecchiaia fa paura", e che la morte è diventata "parola impronunciabile circondata da perifrasi e rimozioni".

Su queste affermazioni dobbiamo riflettere tutti, per primo io, perché sono più vecchio di Mattarella e un po’ malconcio; perciò vicino a compiere quel viaggio che non ha ritorno. E poiché da anni scrivo in questo fascicolo, vorrei essere qui ricordato- dopo che sarò stato messo fra quattro assi di legno – con poche parole, purché immuni da sbavature e da francoanglicismi. Darei tale incarico, (se mi è lecito!), a quel giornalista che in queste pagine tratta in maniera gustosa di cibi e bevande, sperando che di me scriva che sono "morto", non scomparso.

Altrimenti potrebbero nascere equivoci, dato che è stato "ritrovato un anziano scomparso" (titolo nel “Carlino Fano“ del giorno 20, p. 23). Scusate la digressione personale; ma c’è chi mi fa scuola. La giornalista poi riferisce, dell’attrice Paola Borboni (1900-1995), queste parole: "Se non volevo morire dovevo invecchiare. Quando non hai più la giovinezza devi metterti in disparte, e se non lo fai la vita ti prende a calci". Considerazione saggia e inconfutabile. Come inconfutabile e giusto è l’ammonimento che si legge nelle pagine dei linguisti: per parlare e scrivere in maniera decente bisogna dare ad ogni parola il suo significato vero, non ambiguo, perché l’imprecisione linguistica rivela anche una certa superficialità mentale. La lingua che adoperiamo rispecchia infatti il nostro pensiero. Lo ha detto bene Nanni Moretti: "Chi parla male, pensa male".

Vittorio Ciarrocchi