
Nadia Pucci
Tanti colori e sfumature costellano le righe dell’ultimo libro di Nadia Pucci, “L’azzurro feroce“ (Manni 2024), che fin dal titolo fa immaginare al lettore un cielo terso, talmente tanto intenso da far ruggire l’animo di chi si stende su un prato con gli occhi all’insù. Ed effettivamente Pucci, alla sua seconda fatica letteraria, dopo “Sul davanzale del mondo“, uscito nel 2021, ci porta con lei in tanti luoghi e tempi, sia con poesie che tramite racconti.
Ci fa viaggiare in un mondo vario e sempre ricco di sensazioni e, come dicevamo, colori. A volte son viaggi nel tempo, come quando ricorda le ore di lezione di gioventù, o giornate particolari, o amici, personaggi. Altre volte sono viaggi nello spazio, più o meno esplicitati: dalla piazzetta di Cavallino a Siracusa, dalla Francia (di cui leggiamo dei componimenti in lingua) all’Oriente. Particolarmente affascinanti i rimandi a quest’ultima ambientazione, di cui possiamo sentire la ferocia del cielo come delle spezie, delle tigri.
In molte righe si possono cogliere, per chi vuole, riferimenti a opere, scrittori, luoghi, persone che arricchiscono i componimenti senza appesantire le pagine, anzi le costellano di felici souvenirs utili a tingere di altre sfumature la piacevolezza del testo. Trapela tra l’interlinea che chi scrive è un’ex docente di storia e filosofia: Parmenide appare fugacemente per parlare del tempo, il cui scorrere inevitabile funge da pretesto per tanti altri spaccati, più o meno lontani dal 2024, come una grande nevicata (sarà il 2012?), davvero piacevoli da scoprire e guardare attraverso gli occhi dell’autrice. Correda il testo una postfazione firmata dal poeta Eugenio De Signoribus.
Giovanni Volponi