Maestra e pronta a soccorrere il prossimo in difficoltà. Ecco la storia di una donna che creò un ospizio per gli anziani

Durante la guerra la sua famiglia diede alloggio ad internati ebrei, poi fucilati dai nazisti.

"Occupatevi soprattutto dei tanti che si trovano nel bisogno, ma non osano chiedere o non hanno la possibilità di farlo. Ricordatemi prendendovi cura degli altri, e fatelo come l’ho fatto io, nel silenzio e nella riservatezza più completi".

I princìpi che animarono l’intera vita di Vilna Clementi sono tutti riassunti in questa sua frase. Nata nel 1888, è stata prima maestra di giardino d’infanzia montessoriano e successivamente maestra elementare. Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, di fronte all’emergenza assistenziale creata dal gran numero di feriti gravi che affollavano gli ospedali delle principali città italiane, Vilna decise di lasciare temporaneamente l’insegnamento, la famiglia e Sant’Angelo in Vado, per dedicarsi come infermiera volontaria all’assistenza dei malati e dei feriti in arrivo dal fronte. Fino al secondo dopoguerra tornò a fare la maestra. In parallelo alla sua attività di insegnante, Vilna non trascurò mai l’assistenza agli indigenti, ai malati e ai bisognosi di aiuto, compresi gli ebrei, condotti dalle autorità e dalle forze armate nazifasciste a Sant’Angelo in Vado. Alla famiglia di Vilna fu requisita una parte della casa dove abitava, per adibirla ad alloggio dei coniugi Pacht, internati ebrei appartenenti alla borghesia viennese. In questo frangente, Vilna con tutta la sua famiglia si adoperò in ogni modo per alleviare le condizioni di vita di quei “suoi” internati, sia dal punto di vista materiale che morale. Purtroppo la famiglia ebrea fu trasferita in Romagna, e successivamente fucilata a Forlì. A guerra conclusa, Vilna si attivò per conoscere il destino dei “suoi” ebrei e scoprire il luogo della loro sepoltura, per offrire a sue spese una tomba nel cimitero di Sant’Angelo in Vado. Con il suo pensionamento, a fine anni ’40, poté dedicarsi a tempo pieno alle sue attività assistenziali e caritatevoli. Ottenuto in uso dalla amministrazione comunale lo stabile abbandonato dell’antico ospedale, lo riadattò per creare dal nulla un ospizio per gli anziani indigenti. La morte la colse con un malore improvviso mentre stava lavorando per i “suoi vecchi”, ospitati nella Casa di Riposo alla quale aveva dedicato oltre 40 anni della sua esistenza. Aveva 92 anni. Il più anziano di quei “suoi vecchi” ne aveva circa 15 meno di lei.