Il prete e i misteri in villa: prima dei sospetti abusi don Roberto fu sospeso per un crac in parrocchia

Più di dieci anni fa denuncia e condanna per appropriazione indebita. Dalle due chiese di cui era responsabile sparirono parecchi soldi

I sigilli nella casa del prete e don Roberto Pellizzari

I sigilli nella casa del prete e don Roberto Pellizzari

Pesaro, 19 aprile 2024 – Un giallo nel giallo. Nel caso della villa dei misteri di Sant’Angelo in Vado sequestrata sabato scorso dagli inquirenti le risposte, seppur parziali, aprono le porte a nuove domande. Perché se l’indagine sul presunto abuso su minore era aperta già dal 2023 la perquisizione alla ricerca di tracce biologiche, con un maxi dispiegamento di forze da parte della scientifica di Ancona, è stata fatta solo sabato scorso, sei mesi dopo la segnalazione che ha dato il via all’inchiesta? I poliziotti hanno passato al setaccio un appartamento in vendita, di proprietà di don Roberto Pellizzari, sacerdote 63enne tutt’ora sospeso in via cautelare dalla curia svizzera a seguito della segnalazione fatta partire dal Vescovo Salvucci al suo omologo elvetico e al Dicastero ecclesiastico.

Tra l’altro la carriera di don Pellizzari aveva già attraversato dei momenti difficili: nel dicembre 2012 era già stato sospeso da monsignor Morerod per aver danneggiato finanziariamente, come riportava la stampa svizzera, le due parrocchie di cui era responsabile. Era stata presentata una denuncia penale per appropriazione indebita di fondi, diverse migliaia di franchi. Il tribunale del cantone di Vaud lo aveva condannato a 150 giorni di multa sospesa e gli aveva imposto di pagare quasi 8mila franchi svizzeri di spese. Nel dicembre 2013, tuttavia, la sua sospensione era stata revocata dalla diocesi dopo che aveva restituito il denaro.

Ma torniamo all’inchiesta recente. L’appartamento sequestrato è stato svuotato del mobilio a inizio 2023 dopo che, almeno dal febbraio 2022 il sacerdote aveva deciso di rimettere in vendita l’immobile a seguito della sua decisione di tornare in Svizzera. Aveva trascorso in Italia i 3 anni precedenti per accudire l’anziana madre malata, deceduta nel 2022, e che dal 2020 si trovava in una casa di riposo del paese. Appartamento vuoto, pure riverniciato, disponibile alla visita di potenziali clienti e di proprietà di qualcuno che già allora era oggetto di indagine. Perché sequestrarlo ora e non allora?

Andiamo con ordine e rimettiamo in fila i pezzi della storia in ordine cronologico. Venerdì 29 settembre, il procuratore di Neuchâtel Pierre Aubert ha comunicato alla stampa svizzera di aver "recentemente ricevuto informazioni relative ad atti di natura sessuale che sarebbero stati commessi all’estero da un sacerdote domiciliato nel cantone di Neuchâtel". Questo è ciò che si legge nell’articolo su "Le nouvelliste", la diocesi è quella di Urbino e i presunti fatti sono, appunto, quelli di Sant’Angelo in Vado. Da cosa è scaturita ora la necessità di non inquinare eventuali prove che potrebbero essere racchiuse tra le mura di quella casa? Del resto si sta procedendo verosimilmente d’ufficio, ossia in assenza di un esposto di natura penale da parte di una presunta vittima ma sulla base, come ha comunicato in una nota ufficiale la diocesi di Urbino, da una segnalazione di un caso di abuso su minore effettuata tramite lo sportello di ascolto nell’ambito del servizio di tutela dei minori e delle persone adulte vulnerabili.