
Dopo cinquant’anni dallo spegnimento dell’ultimo macchinario, si rimette mano all’area. Gambini: "L’opera è divisa in tre obiettivi"
Dopo cinquant’anni dallo spegnimento dell’ultimo macchinario, dei nuovi rumori hanno spezzato il silenzio in cui era avvolta la fornace Volponi. Si tratta dei motori delle ruspe che da qualche giorno hanno iniziato a ripulire l’area da una vera e propria foresta di rovi, cespugli e alberi spontanei che sono nati nel corso di cinque decenni; un lasso di tempo che pare una vita, e pareva destinato a non finire mai. E invece circa un anno fa il Comune di Urbino ha acquistato terreno e ruderi per la cifra di duecentomila euro (contro i 2 milioni e 400mila che chiedeva l’istituto di credito in un annuncio online), impegnandosi quanto meno alla messa in sicurezza dell’area. Ora, finalmente, i lavori sono iniziati, con un po’ di ritardo rispetto a quanto previsto.
"Sarebbero dovuti iniziare a dicembre – ci spiega il sindaco e assessore ai lavori pubblici Maurizio Gambini – in quanto la ditta vincitrice dell’appalto aveva preso in consegna il cantiere in quel mese. Ma finalmente sono cominciati e al momento il lavoro è diviso in tre obiettivi: innanzitutto la pulizia globale da erbacce, rovi e arbusti; poi ci sono alcune parti di amianto che devono essere rimosse e smaltite; infine alcune parti pericolanti degli edifici verranno abbattute". E questa è solo la prima parte della messa in sicurezza dell’area, che prevede come punto cardine la salvaguardia dell’alta ciminiera, i cui anelli metallici che le conferivano stabilità sono per la maggior parte distaccati e il cui asse è lievemente inclinato rispetto alla verticale. "Appena sarà pulito tutto – prosegue il sindaco – faremo il progetto di messa in sicurezza del camino e spero subito di pulire il lago, che potrebbe diventare fruibile al pubblico assieme all’area verde circostante".
Dietro la fornace infatti, si estende, un po’ ridimensionato rispetto a un tempo, un laghetto che nei tempi d’oro misurava una cinquantina di metri di diametro, detto ‘il pozzalone’. Fu creato estraendo l’argilla per i mattoni, alimentato dalle piogge e da vene sotterranee ed era utilizzato per prelevare acqua utilizzata per vari usi della fabbrica di laterizi; era profondo circa 5 metri al centro, e i bambini che vivevano nei dintorni, figli dei proprietari e degli operai, vi pescavano carpe, pesci gatto e rane. Insomma, presto l’antica fornace, costruita a fine ’800 dalle Ferrovie dello Stato per realizzare i mattoni dei ponti limitrofi e acquistata dalla famiglia Volponi a inizio Novecento, potrà tornare a sentire voci umane nei suoi pressi; e anche se non saranno quelle degli operai e dei ‘mattonari’, sicuramente sarà un luogo che tornerà a nuova vita.
Giovanni Volponi