REDAZIONE PESARO

Tartufo grande assente: "Siamo davvero allarmati"

Cavatori sempre più in ansia per la scomparsa del prezioso prodotto. Si trovano pochi pezzi e molto piccoli. Parla l’esperto Gabrio Bagiacchi.

Cavatori sempre più in ansia per la scomparsa del prezioso prodotto. Si trovano pochi pezzi e molto piccoli. Parla l’esperto Gabrio Bagiacchi.

Cavatori sempre più in ansia per la scomparsa del prezioso prodotto. Si trovano pochi pezzi e molto piccoli. Parla l’esperto Gabrio Bagiacchi.

Il tartufo sta scomparendo? È l’interrogativo che si pone in questi giorni la filiera del famoso prodotto della terra perché pare che i tartufi non ci siano più o perlomeno ce ne sono solo di piccolissima forma e peso. Un grido d’allarme che parte dal cavatore, passa per il commerciante e arriva fino al consumatore. Proprio in questo periodo in vicinanza delle festività natalizie e di capodanno la richiesta del tartufo aumenta ma per la legge di mercato quando il prodotto non c’è o è scarso il prezzo sale e il tartufo viene pagato così, fino a 4.000 euro al chilo per i pezzi da 20 grammi e 7.000 euro (sempre al chilo) per quelli di peso superiore.

Poi ci sono le rarità pronte ad essere vendute nei paesi esteri a peso d’oro. "Non se ne trovano più, i tartufi sono come spariti – spiega l’esperto Gabrio Bagiacchi di Apecchio che da oltre 40 anni ne va alla ricerca –, non so quale ne sia la ragione, potrebbe essere il cambiamento climatico, il disboscamento nelle zone dove nasce il tartufo, tanti fattori possono aver influito nel tempo: la stessa mancanza di animali domestici al pascolo che tenevano puliti i prati o il prolificare degli animali selvatici e le piantagioni di conifere negli anni ’60, alberi non autoctoni; fatto sta che la realtà è questa: i tartufi quest’anno non ci sono".

In molte zone dell’entroterra la metà dei tartufai ha già appeso la ruscella al chiodo anche se la stagione per la ricerca e la raccolta termina, per legge, il 15 gennaio 2025. "Siamo avviliti – aggiunge Bagiacchi – le piogge di maggio e giugno avevano favorito la creazione e tutto lasciava sperare in un bel raccolto- poi anche l’estate più calda dell’ultimo secolo ha detto la sua e anche se è un paradosso visto che la siccità nel passato è stata sempre chiamata in causa come un elemento negativo, le troppe piogge di ottobre hanno fatto infradiciare il tartufo". Tra i confini della provincia di Pesaro-Urbino con quella di Perugia c’è Castelfranco dove abita don Antonio, pastore di anime e appassionato di tartufi. "Qui da noi hanno smesso in tanti – riferisce il don – le cause del perché non si conoscono. Le campagne sono spopolate, c’è poi chi si improvvisa tartufaio e fa danni a nascita e crescita del tartufo, anche in questo mestiere ci vuole professionalità ed esperienza e anche la politica si deve interrogare. Altrimenti tra qualche anno i tartufi rimarranno solo nei libri".

Amedeo Pisciolini