Test sierologici Pesaro, maxi screening di Biolab. Più contagi a casa che in fabbrica

Il laboratorio di analisi cliniche di Montecchio ha eseguito i test sierologici ad iniziare dal primo aprile

I test sierologici

I test sierologici

Pesaro, 16 maggio 2020 - Il centro BioLab di Montecchio, laboratorio di analisi e istituto di ricerca ha eseguito negli ultimi due mesi circa 10mila test sieriologici. Ha presentato uno studio su circa 6mila persone, metà delle quali dipendenti delle aziende di Pesaro, Vallefoglia e Fano. Dai test emerge che il 17% che presenta anticorpi IgG. Queste persone, che per altre malattie infettive sarebbero ritenute immuni, per il Covid 19, a causa delle incertezze ancora in fase di studio, andrebbero sottoposte a tampone, come suggerito anche dalla nostra Asur. Un 2% è rappresentato dagli anticorpi IgM che sono presenti durante la malattia. Un altro 6% delle persone testate presenta sia gli anticorpi IgG che IgM. «Quindi, se volessimo eliminare qualunque tipo di dubbio, il 25% di tutte le persone testate dovrebbe essere sottoposta a tampone per definire la diagnosi. Infatti solo il tampone fa diagnosi di malattia e di guarigione, mentre i test sierologici non dicono se siamo positivi o no al coronavirus, dicono solo se l’abbiamo incontrato e se da questo contatto, il nostro sistema immunitario ha prodotto gli anticorpi. Abbiamo notato analizzando i dati – dice Libero Turrini medico al BioLab – che il problema ha riguardato soprattutto interi nuclei familiari consapevoli di essere venuti a contatto con il virus e questo spiegherebbe la maggior percentuale di positività rispetto all’indagine sui lavoratori. All’interno delle aziende è emerso che le persone che hanno contratto la malattia, anche in forma lieve, sono soprattutto quelle che lavorano negli uffici rispetto ai dipendenti con maggiore mobilità».

Per quello che riguarda i risultati dei test fatti sui dipendenti delle aziende, il BioLab trasmette tutti i referti ai rispettivi medici del lavoro, i quali decidono quali fra i dipendenti debbono essere sottoposti a tampone. «In questi mesi i test che abbiamo eseguito hanno riguardato soprattutto persone dai 45 anni in su e circa il 60% sono uomini. Pochissimi sono i giovani. Infatti la malattia colpisce i soggetti più fragili e in misura maggiore gli uomini rispetto alle donne».

Sulla popolazione, diversamente dai test eseguiti sui dipendenti di aziende, emerge che le IgM, sono risultate 465 pari al 19%; i casi dubbi rappresentano circa il 10% dei test. Quelli che nella popolazione hanno invece sviluppato le IgG e cioè coloro che hanno contratto la malattia o hanno avuto una forma asintomatica, risultano pari al 34%.

«Quindi se volessimo avere certezze bisognerebbe sottoporre a tampone una percentuale altissima di persone», conclude Turrini. Che aggiunge: «Abbiamo usato due metodologie: per i test qualitivi la metodica immunocromatografica Cellex, indirizzata nell’ambito della medicina del lavoro perché per le aziende è importante solo sapere se il dipendente è positivo o negativo al test. Sulla popolazione abbiamo utilizzato metodica immunoenzimatica ‘ELISA’ marca DIA.PRO. Le metodiche rientrano tra quelle convalidate nella regione Emilia Romagna».