Amministratore ‘infedele’. Condannato a tre anni

"Sottrasse 300mila euro", 21 i condomìni danneggiati: "Gonfiava bollette e consumi"

Amministratore ’infedele’. Condannato a tre anni

Amministratore ’infedele’. Condannato a tre anni

Ravenna, 16 aprile 2024 – Tre anni e quattro mesi – in abbreviato – per essersi appropriato illecitamente di 323mila euro sulle spalle dei ’suoi’ condòmini. Marco Cedrini, 53 anni, amministratore di condominio bolognese, in concorso con la moglie e un imprenditore edile avrebbe sottratto la cifra tra il 2017 e il 2021 a più di venti condomìni, alcuni molto ampi, tra Bologna e il Ravennate. Ventuno si sono costituiti parte civile (nove di Bologna, gli altri tra Ravenna e Lido Adriano) e l’amministratore è stato condannato anche a risarcirli. Lo ha deciso la giudice Nadia Buttelli.

Il 53nne nel 2022 è finito ai domiciliari dopo l’inchiesta della Guardia di finanza, il suo procedimento è stato stralciato rispetto a quello di moglie e imprenditore edile. Dopo la richiesta di giudizio immediato da parte della Procura, l’amministratore ottenne il processo con rito abbreviato, mentre i residenti si sono costituiti in massa parti civili nel processo. Due dei condomìni più grandi, per un totale di circa un centinaio di famiglie, sono rappresentati dall’avvocato Laura Becca. Il ’tesoretto’ di oltre trecentomila euro contestati sono emersi durante l’analisi dei finanzieri della contabilità dei 20 edifici e di circa 150 appartamenti gestiti da Cedrini e dal suo studio; le ulteriori somme contestate sono invece derivate dalle integrazioni presentate dai condòmini man mano che procedevano con gli accertamenti sugli ammanchi.

L’inchiesta si aprì a seguito della denuncia di una ex impiegata dell’imputato, la quale "si rese conto – così gli atti – che ai condomini veniva richiesto il pagamento di somme per consumi, gas e altro che non corrispondevano agli effettivi". Gli importi addebitati venivano dunque "gonfiati", mentre una parte dei soldi presenti sui conti correnti "distratta con bonifici senza alcuna giustificazione". E qui sarebbero entrati in gioco la moglie e l’imprenditore, la cui ditta sarebbe stata usata "per giustificare pagamenti eccessivi rispetto ai lavori effettuati e fatturati, per dare parziale giustificazione alle movimentazioni di denaro verso le sue carte PostePay".