Cagnoni a Bollate con Vallanzasca e Bossetti: si laurea e prepara il ricorso a Strasburgo

Trasferito da Ferrara per frequentare studi di psicologia. Le giornate in biblioteca, con pc e televisione. Primi permessi tra 4 anni

Matteo Cagnoni, qui durante il processo di primo grado in tribunale a Ravenna

Matteo Cagnoni, qui durante il processo di primo grado in tribunale a Ravenna

Ravenna, 25 giugno 2022 - Svolta l’angolo del corridoio e, toh, quello è Vallanzasca. Proprio lui, il Bel René, quattro ergastoli e 295 anni di reclusione, il malvivente più celebre d’Italia. Poi, nel cortile interno, può salutare e scambiare qualche chiacchiera con Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, che come lui si è sempre proclamato innocente. Poi, non qui ma in altra sezione, ci sono anche i più temibili fratelli Savi, i killer della Uno Bianca. Ora, si può dire, Matteo Cagnoni dimora nell’Olimpo del crimine. Nel carcere di Bollate, vicino Milano, è arrivato il 18 marzo – ma lo si apprende ora –, trasferito da quello di Ferrara dove pare non se la passasse bene (eufemismo). Ufficialmente a portarlo qui sono stati motivi di studio.

L’istanza del suo legale, avvocato Gabriele Bordoni, era infatti destinata a consentirgli la frequentazione di un corso in convenzione con l’università della Bicocca, altrimenti non possibile. Ha intenzione di prendere un’altra laurea, stavolta in psicologia, il dermatologo più famoso di Ravenna, ergastolo definitivo per l’omicidio della 39enne moglie Giulia Ballestri commesso il 16 settembre 2016 nella lugubre villa di via padre Genocchi. Chi lo ha visto di recente, o chi continua a ricevere le sue lettere fiume, ha di fronte un Matteo Cagnoni nuovo, diverso, disteso. Rigenerato da un ambiente meno oppressivo, quasi entusiasta del nuovo percorso intrapreso. Niente più ansiolitici per combattere gli attacchi di panico di cui al processo aveva fatto un cavallo di battaglia, stop a zuffe con le guardie e altri detenuti come succedeva a Ravenna e Bologna. Televisione, pc e internet nella cella – presto ne avrà una tutta per lui –, biblioteca, un giornale interno al quale è applicato con passione, tante attività che gli danno modo di trascorrere le giornate e sentirsi, a suo modo, libero.

Il carcere di Bollate, è risaputo, è tra i meglio organizzati e, dal punto di vista del detenuto, più umani. Gli spazi sono ampi, gli ambienti più gradevoli, le ore d’aria praticamente illimitate, dal mattino alla sera. Solo la sala colloqui, per fare un esempio, è sei volte quella di Ferrara. Sollicciano e Bologna, a confronto, erano lager. Ravenna già meglio. Qui, a Milano, scrive, studia e dialoga con detenuti illustri. I genitori vivono a Firenze e ovviamente sono sempre più anziani, ma può incontrare il fratello Stefano, che insegna all’università.

A proposito di libertà, si fanno già alcuni calcoli. A settembre saranno sei anni di carcerazione. Tra quattro anni potrebbe beneficiare dei primi permessi, al netto delle buone condotte. Vi è anche una novità procedurale. Sempre con l’avvocato Bordoni il dermatologo, che ad aprile ha compiuto 57 anni, sta preparando il ricorso alla Corte europea di Strasburgo, finalizzato non tanto ad annullare la condanna, quanto a valutare una eventuale compressione dei diritti di difesa durante i tre gradi di giudizio. I trasferimenti di Cagnoni – da Ravenna a Bologna, poi di nuovo Ravenna, poi Ferrara – hanno sempre creato dibattito. Forse anche la prigionìa dorata di Bollate non mancherà di farlo.