Gli accertamenti delle Fiamme Gialle sono partiti da Sirio spa, colosso ravennate specializzato nella gestione di servizi di catering commerciale. E sono passati dall’Ausl di Reggio Emilia per raggiungere infine la Corte dei conti regionale. Un percorso che ha restituito una condanna da 500 mila euro: è il danno attribuito dai giudici erariali all’allora dirigente del servizio risorse economiche e finanziarie dell’Ausl reggiana - dall’agosto 2021 in pensione - per l’inerzia sui canoni non pagati da Sirio all’Ausl in merito alla gestione tra il 2014 e il 2016 di bar, piccola ristorazione e rivendita giornali negli ospedali di Guastalla e Montecchio Emilia. Il danno in totale era stato quantificato in un milione 768 mila euro tra canoni insoluti e interessi. Ma "le deficienze organizzative interne all’Ausl" e "il protrarsi dell’inerzia anche dopo la cessazione del servizio" dell’ex dirigente - si legge nella sentenza appena depositata -, hanno spinto i giudici a dimezzare "l’apporto causale" dell’ex dirigente. E a ridurre ulteriormente la cifra alla luce "dell’impegno della dipendente in numerose attività delicate e strategiche per l’Ausl" oltre che alla "elevata mole di lavoro del suo ufficio".
Il procedimento aveva preso vita da un’annotazione datata maggio 2023 del nucleo di polizia economico-finanziaria di Ravenna. In particolare la guardia di Finanza aveva fatto alcune verifiche su Sirio alla luce di un concordato preventivo del 29 luglio 2022. Tra le altre cose era emerso che la spa ravennate al 31 dicembre 2021 aveva maturato un cospicuo debito con l’Ausl reggiana: e nonostante i pagamenti delle fatture si fossero interrotti già dal 2014, l’Azienda sanitaria si era attivata solo dopo l’avvio della procedura di concordato davanti al tribunale di Ravenna con una dichiarazione di credito corredata di fatture non saldate.
Secondo quanto ricostruito dai militari, il contratto di concessione con Sirio era stato stipulato nel novembre 2007 per un canone di due milioni e 763 mila euro più Iva in nove anni (cioè tre milioni e 315 mila euro totali) con rate semestrali. Per la sentenza a firma del giudice Riccardo Patumi, "la condotta della ex dirigente deve essere individuata nella colpa grave" e non nel dolo, come peraltro delineato pure dalla procura erariale. In particolare "è provato che fosse a conoscenza degli omessi pagamenti dei canoni" ma "non ha assunto nessuna iniziativa finalizzata al recupero delle somme". Un comportamento definito di "assoluta trascuratezza". E se anche altri soggetti siano incappati in eventuali comportamenti omissivi da valutare, la ex dirigente "era il soggetto sul quale più di ogni altro ricadeva la responsabilità per attivarsi".
Andrea Colombari