Cimitero devastato Fra lapidi a pezzi e il fango che ricopre tutto

Il Lamone dopo aver rotto gli argini ha sfondato un muro e allagato vari settori, fra cui alcuni dei più antichi.

Cimitero devastato  Fra lapidi a pezzi  e il fango  che ricopre tutto

Cimitero devastato Fra lapidi a pezzi e il fango che ricopre tutto

di Carlo Raggi

Il muro in mattoni vecchio di ben oltre mezzo secolo ha ceduto di schianto, martedì notte, di fronte alla potenza del Lamone in uscita dalla falla nell’argine prospiciente, ad appena dieci metri, e l’acqua è entrata a fiotti nella parte del cimitero posta a est, quella appunto a ridosso del fiume, là dove negli anni 70 c’erano due casamatte che ospitavano il canile comunale, un lager. Contemporaneamente un mare di acqua, entrando da un’ altra falla verso sud, dalla parte del quartiere Bertoni, raggiungeva la parte nuova del cimitero dopo aver attraversato i campi di peschi. Una manovra a tenaglia che ha poi portato quasi un metro d’acqua fino al piazzale dell’ingresso monumentale (l’onda si è incanalata lungo la strada perimetrale del cimitero che lambisce anche il centro sosta camper dove martedì notte fu salvata una persona salita sul tetto del proprio mezzo).

Sono rimasti allagati il porticato, l’antica chiesa di San Girolamo (ristrutturata a fine Ottocento su disegno di Pietro Tomba) e gli uffici cimiteriali, poi l’acqua, sormontando i gradini, ha raggiunto sia alcuni settori delle più antiche tombe di famiglia dove sono anche vere e proprie opere d’arte, a firma di scultori come Domenico Rambelli e Lucio Fontana, sia il settore dei faentini illustri.

Mentre a otto giorni da quei devastanti eventi il piazzale e la parte più risalente del cimitero appaiono all’asciutto (i cancelli sono ancora sbarrati e il cartello avverte che la chiusura è dovuta all’allerta meteo, poi seguita dall’ordinanza sindacale relativa alla carenza di agibilità e incolumità), è nelle aree retrostanti, quelle più lontane, con tombe a terra, loculi e anche tombe monumentali di famiglia costruite negli ultimi vent’anni, che il disastro appare ancora oggi in tutta la sua tremenda portata. Strati di fango di dieciquindici centimetri ricoprono gran parte dei prati, delle aree tombali, dei vialetti di accesso, pompe idrovore sono in funzione per estrarre l’acqua dai sotterranei.

A ridosso dell’antico muro cimiteriale crollato (per una lunghezza di 35 metri), le tombe, tutte a terra, sono devastate, le lapidi divelte e frantumate, si leggono nomi di persone morte negli anni sessanta fino alla fine degli anni novanta: qui l’acqua è entrata con la forza di un maglio, ma non c’è fango come invece nell’area più recente, quella a sud, verso il quartiere Bertoni. Un’area priva di muro, le tombe confinano con i campi coltivati a pescheto e dalle finestre dei palazzi del quartiere, distante qualche centinaio di metri, la vista spazia, oltre che sui frutteti (destinati a morire per asfissia), anche sugli edifici che ospitano i nuovi loculi, i tempietti signorili costruiti negli ultimi anni e le semplici tombe a terra, una croce, una lapide, una pietra tombale. Un’area di duemila metri quadrati, ancora solo in parte attrezzata per l’inumazione, appare come una immensa distesa di fango da cui emergono solo croci o parti di lapide. E il fango ricopre anche tutti i corridoi delle nuove celle a due piani con i loculi. In certi punti c’è ancora acqua, a tratti venata da liquido nero. Zaffate anche intense colpiscono le narici. Occorreranno molte settimane per rimuovere il limo che in realtà è molto argilloso: un lavoro che se non si fa al più presto diventerà poi estremamente arduo.

Occorreranno mesi per restituire al cimitero la sua fisionomia antecedente al disastro. E in questa devastata zona cimiteriale ancora gli interventi (ed è comprensibile vista l’emergenza) sono ridotti. Sul punto la stessa Azimut, che gestisce il cimitero, in una nota diramata ieri evidenzia che è in corso ‘l’individuazione di soluzioni operative di ripristino’ e che ‘le operazioni di tumulazione ed inumazione saranno garantite non appena tecnicamente possibili’.