Durante il lockdown il compagno le propone di dare una rinfrescata alle sue coppole, i berretti che lei stessa ha confezionato per lui qualche anno prima. È in quei giorni di forzata inattività, ulteriormente appesantita da una sgradevole sensazione di incertezza sul futuro, che la 32enne Antonella De Iorio, milanese trapiantata per amore a Faenza, decide finalmente cosa fare degli scampoli di tessuto che da anni accumula in casa. Inizia così a delinearsi il progetto Gingerette, etichetta con cui Antonella vende i suoi cappelli artigianali, unisex e interamente realizzati con materiale di recupero.
De Iorio, come mai si ritrovava in casa tutti quegli scampoli?
"Una mia cara amica lavora in un’azienda di alta moda a Milano ed è solita regalarmi i pezzi di tessuti – pregiati e di ottima qualità – avanzati dalle collezioni. Sono abituata a non buttare via niente e li ho sempre custoditi gelosamente, in attesa di una buona idea per utilizzarli".
Di cosa si occupava prima di diventare Gingerette? "Dopo il diploma all’Accademia delle belle arti, ho seguito un corso di modellistica. Spinta dall’amore per il teatro, ho lavorato per anni in sartoria teatrale: lì ho imparato a confezionare cappelli dalle fogge anche molto ricercate. Finché, a settembre 2019, non sono scappata da Milano".
Come mai?
"Ero stanca e stressata, avevo bisogno di un cambiamento e mi sono rifugiata in Romagna (ride, ndr). Qui ho lavorato in un atelier di abiti da sposa e poi in una ditta che esegue ricami d’alta moda. Purtroppo, la pandemia ha sconvolto i miei programmi, rendendo il lavoro sempre più incerto e discontinuo. Era giunto il momento di crearsi un piano B".
L’ha trovato nei cappelli.
"Gli appassionati lo sanno: il cappello non è solo un accessorio, ma un elemento capace di descrivere al meglio la persona che lo indossa. È il ‘tocco magico’, qualcosa che ti contraddistingue. Il fatto di nascere dagli scampoli è un valore aggiunto, rende quel modello unico ed esclusivo".
Che importanza ha per lei la sostenibilità?
"Lavorando per anni nel mondo della moda, mi sono resa conto di quanto materiale va sprecato nel realizzare i capi. Tagliare gli sprechi dovrebbe essere una priorità in primis per gli operatori del settore: eppure, c’è ancora molto da fare. Ma l’attenzione all’ambiente ci riguarda tutti da vicino: dovremmo smetterla con lo shopping compulsivo e cominciare davvero a interrogarci sul modo in cui un abito viene realizzato".