Un tempo era molto temuta la ‘puìda’ o ‘puvìda’, una malattia infettiva che colpiva i polli nella punta della lingua provocando una sete smodata. Tanto che si diceva: "Fê la puvìda a cvicadôn" (Fare la pipita a qualcuno), far attendere qualcuno che ha una gran sete. Il contadino si accorgeva della malattia se "i pól i fa e’ capan", i polli fanno la capanna tenendo le ali a terra. A quel punto era opportuno non lavarsi le mani nell’abbeveratoio dei polli, "int e’ còz di pól", in quanto la malattia si poteva trasmettere all’uomo provocando un’infiammazione della pellicina alla base delle unghie delle mani. Da qui un malevolo augurio: "A chi ch’magna e un invida ch’u j avnés la puvìda" (A chi mangia e non invita gli venisse la pipita).
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