ANDREA COLOMBARI
Cronaca

"Forte compatibilità tra imputato e telefonista"

Cold case Minguzzi: colpo di scena. La perizia fonica inquadra l’ex carabiniere Tasca come chi probabilmente chiese il riscatto

Cold case Minguzzi: colpo di scena. La perizia fonica inquadra l’ex carabiniere Tasca come chi probabilmente chiese il riscatto

Cold case Minguzzi: colpo di scena. La perizia fonica inquadra l’ex carabiniere Tasca come chi probabilmente chiese il riscatto

Le due voci possono "verosimilmente appartenere al medesimo soggetto". Un processo, quello per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi. Un colpo di scena, quello contenuto nelle conclusioni della superperizia tecnica disposta a ottobre dalla corte d’assise d’appello di Bologna. In particolare i giudici volevano sapere se la voce dell’ignoto che 38 anni fa aveva continuato da una cabina del litorale ferrarese a chiedere il riscatto ai familiari del Minguzzi (300 milioni di lire) anche dopo la sua morte, potesse essere compatibile o meno con quella di uno dei tre imputati: l’ex carabiniere Orazio Tasca.

I periti, dopo avere usato strumenti di comparazione vocale automatici e semi-automatici, hanno concluso che "si osserva coerenza sistematica nei tratti vocali linguistici". Di più: è "un alto grado di compatibilità" quello "riscontrato tra i profili vocali". E in "assenza di elementi significativi di dissomiglianza", è stato formulato un "giudizio di compatibilità forte" tra l’ignoto telefonista e Tasca. Il perito nominato dalla corte d’assise di Ravenna, a suo tempo si era invece espresso nella direzione opposta (anche a quella del consulente della procura ravennate) scagionando Tasca e gettando di fatto le basi per l’assoluzione di primo grado.

Minguzzi, 21enne studente universitario di Alfonsine, figlio di imprenditori dell’ortofrutta e carabiniere di leva a Bosco Mesola, era stato rapito e subito ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre, in un periodo di licenza pasquale, rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. I suoi aguzzini lo avevano gettato nel Po di Volano legato a una pesante grata di metallo sradicata da un casolare abbandonato: il corpo era riaffiorato dalle limacciose acque l’uno maggio successivo.

E ancora non lo sapeva nessuno: ma quando gli inquirenti, una volta individuata la cabina, decisero di organizzare una trappola, il telefonista inspiegabilmente non si presentò.

Sono tre gli imputati per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere: tutti assolti in primo grado il 22 giugno 2022, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio, "per non avere commesso il fatto" a fronte di altrettante richieste di ergastolo. Si tratta di due ex carabinieri al tempo in servizio alla caserma di Alfonsine: oltre al 58enne Tasca, originario di Gela ma da anni residente a Pavia (avvocato Luca Orsini), anche il 59enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno (avvocato Gianluca Silenzi). E poi l’idraulico del paese: il 67enne Alfredo Tarroni (avvocato Andrea Maestri). Parte civile, oltre ai familiari del defunto (avvocati Elisa Fabbri e Luca Canella), figura il nuovo sindacato carabinieri (Nsc) con l’avvocato Maria Grazia Russo.

Nel tentativo di restituire una definitiva verità giudiziale al cold case Minguzzi, la corte bolognese a ottobre aveva messo mano sul rovello più delicato: se chi aveva realizzato le telefonate estorsive, potesse essere il Tasca. Uguale a comparazione con le registrazioni della voce dell’imputato proveniente dal processo per una tentata estorsione, sempre da 300 mila euro, a un altro imprenditore ortofrutticolo di Alfonsine: Contarini.

A suo tempo il consulente nominato dalla procura ordinaria, era giunto alla conclusione di una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Il perito del tribunale ravennate aveva però ribaltato di segno le conclusioni accusatorie. E l’allora presidente della Corte, oggi in pensione, aveva scritto che si era trattato di "un omicidio di stampo mafioso", un "classico esempio di lupara bianca", togliendo tutti e tre gli imputati dalla scena del crimine. Alla luce della nuova perizia, sarà ora interessante capire se i giudici bolognesi useranno questo dato per riscrivere o meno l’epilogo del cold case Minguzzi.

Andrea Colombari