In campo 120 psicologi "Ci cercano in tanti chiedendoci sempre: ‘Che ne sarà di me’?"

Giuseppe Angelone (Ausl Romagna). "Subito operativi sul posto e dal giorno dopo telefonicamente. Decine e decine di chiamate. Quali sono i pensieri più ricorrenti? La ricostruzione e il futuro".

In campo 120 psicologi  "Ci cercano in tanti  chiedendoci sempre:  ‘Che ne sarà di me’?"

In campo 120 psicologi "Ci cercano in tanti chiedendoci sempre: ‘Che ne sarà di me’?"

di Roberto Romin

Giuseppe Angelone, è psicologo psicoterapeuta dell’Ausl Romagna in supporto alle popolazioni alluvionate. Presta la propria opera negli Hub di Sant’Agata, Conselice, Castel Bolognese, Lugo, Faenza e Ravenna, ma anche al numero 338-1055333, ovvero il servizio gratuito istituito tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 18 alle 20.

Angelone, da quando siete operativi?

"L’Ausl ha attivato questo servizio immediatamente. Già il 19 eravamo operativi sul posto e, dal giorno successivo, telefonicamente".

Quanti siete?

"Complessivamente circa 120 psicologi psicoterapeuti, formati specificatamente per situazioni emergenziali, in arrivo anche da altre Asl, così come da Cri, Mdr, Sipem e Psicologi per i popoli. Un plauso va alla Regione, abile a comprendere che, una delle emergenze, è anche psicologica".

Quali sono i pensieri più ricorrenti nelle persone che supportate?

"La ricostruzione, il domani e il futuro".

Le domande che vi fanno? "Quanto tempo ci vorrà? Che ne sarà di me?".

E le paure?

"Paura di essere abbandonati e di essere dimenticati".

Ci sono differenze fra i primi interventi e quelli di oggi?

"Siamo passati da una fase di ansia del ‘vissuto’, dov’era vivo il timore di quanto accaduto, dell’acqua, del fango, delle auto e della morte; all’ansia che possa accadere ancora".

Quante telefonate ricevete?

"Decine e decine i primi giorni. Oggi invece sono un po’ calate, ma i casi sono diventati più complessi".

I sentimenti più ricorrenti?

"C’è la disperazione di chi ha perso tutto; il senso di impotenza; il senso di rabbia come reazione alla frustrazione e all’impotenza. Poi c’è il senso di smarrimento, e la perdita dei punti di riferimento".

Cioè?

"Uno smarrimento reale. Ad esempio non riconoscere le strade che si era abituati a percorrere, come successo a Conselice e Sant’Agata sul Santerno, dove lo scenario era apocalittico".

Cosa chiedono?

"Ciascun cittadino vorrebbe una risposta immediata ai propri bisogni. È una reazione normale. Si fatica a vedere una visione d’insieme".

Messaggi positivi è opportuno darne?

"La solidarietà e la coesione dei volontari, hanno aiutato tantissimo. La gente sente e percepisce che, da tutta Italia c’è la presenza di qualcuno. Anche delle istituzioni. Ciò determina un minimo di sicurezza per il domani".

I suoi occhi cosa hanno visto?

"Proprio in zone in cui c’era maggiore tensione fra residenti ed immigrati, ho visto scene bellissime di coesione sociale, di collaborazione e di solidarietà. La gente ha riscoperto i valori della vita".

Chi sono i più vulnerabili?

"Tutti, anche se poi, noi intercettiamo le persone fragili, ovvero anziani e bambini, in particolare chi non ha reti parentali d’appoggio. Ho parlato con molti anziani. In tanti vivono la paura di dover tornare a casa e la prospettiva di rivivere quello che è successo".

Nella seconda fase su cosa si opera?

"Rielaborazione del trauma e superamento dello stress"

Qual è la vostra ‘psicologia’?

"È una psicologia di prossimità, ovvero stare vicino alla gente, ascoltarla in tutta la loro umanità, rassicurarla e aiutarla a capire cosa sta succedendo. Anche solo il fatto di esserci o di rispondere al telefono, è terapeutico". Quali sono i sintomi?

"La gente non dorme, ha pensieri intrusivi, si arrabbia facilmente, ha reazioni imprevedibili. Noi aiutiamo a capire che, queste, sono reazioni normali di fronte ad un evento straordinario".

Quanto tempo ci vorrà per recuperare?

"La casa non è solo le quattro mura, non è solo la sicurezza, ma è una parte della propria identità, dunque ci vorrà tanto tempo. La ‘rete’ potrà aiutare molto".

Ci sono ‘funzioni’ supplementari?

"Facciamo da ponte, anche solo per orientare la gente nella mappa dei servizi. Un esempio? Un signore marocchino con tre bambini, aveva perso la casa ed era disperato. Siamo riusciti a metterlo in contatto con l’Imam, e già questo piccolo gesto lo ha risollevato".

Le consulenze telefoniche possono avere sbocchi diversi?

"Il supporto telefonico è anche un coadiuvante per orientare il paziente verso un luogo fisico di incontro negli Hub con i nostri colleghi".