Invaghita del prete lo perseguita: condannata

Due anni e mezzo a una 48enne per stalking su don Bruno Resta, dal 2020 parroco di San Gabriele di Lugo. "Era terrorizzato"

Invaghita del prete lo perseguita: condannata

Invaghita del prete lo perseguita: condannata

Lo seguiva, lo aspettava fuori dalla canonica, bussando e suonando al campanello di casa. In

un caso arrivò a interrompere l’omelia. E così la vita per don Bruno Resta, parroco della chiesa di San Gabriele Arcangelo di Lugo, era diventata una sorta di inferno. Chi lo perseguitava, una 48enne parrocchiana, Sladana P., che si era invaghita di lui, è stata condannata ieri a due anni e mezzo per il reato di stalking dal giudice Federica Lipovscek. L’accusa, col viceprocuratore Simona Bandini, chiedeva una pena di due anni. La donna, proprio a causa del suo comportamento, era stata arrestata la sera del 26 luglio 2021. E il giorno dopo, in aula, in attesa dell’udienza di convalida, aveva ammesso: "Lo amo tantissimo, con tutto il cuore". Una manifestazione sgorgata anche se le sue avances erano sempre cadute nel vuoto.

Quel giorno di mezza estate, un lunedì, dopo la messa del vespro, lo era andata a cercare a casa per l’ennesima volta. E così i carabinieri l’avevano arrestata, il giudice aveva poi imposto alla donna di rimanere ad almeno a 500 metri dal don, al processo parte civile con la tutela dell’avvocato Silvia Alvisi. Era stato il sacerdote a chiamare i militari a cavallo delle 19 e poi a presentare querela per l’accaduto. Già dopo la funzione religiosa, temendo qualche escamotage della 48enne per poterlo avvicinare, aveva chiesto ad alcuni fedeli di riaccompagnarlo a casa. Ma poco dopo l’arrivo, lei si era effettivamente palesata: ultimo atto di una lunga sequenza accusatoria fatta di pedinamenti, messaggi, telefonate, raccolta di informazioni sulla sua vita e sui suoi spostamenti, lettere e anche apparizioni alle messe con interazioni fuori liturgia: vedi frasi sussurrate nel bel mezzo della funzione. La donna era addirittura riuscita a raggiungerlo in un ritiro spirituale dai frati di Chiusi della Verna, ad Arezzo, del quale il sacerdote aveva parlato con pochissimi fidati. Il vescovo, su richiesta del prete, l’aveva allora convocata per parlarle. Ma nemmeno così la situazione si era risolta.

Sentita al processo, la perpetua aveva riferito di diversi episodi, che avevano messo in subbuglio l’intera comunità parrocchiale: "Quella donna lo seguiva persino in occasione dei ritiri spirituali, e don Bruno si domandava come fosse possibile dal momento che non li comunicava durante la messa". Più volte il prete si era visto costretto a chiamare i carabinieri, mentre durante i consigli pastorali i parrocchiani notavano il passaggio lento della stessa macchina. In difesa del sacerdote dovette intervenire anche il vescovo, "che gli disse di non darle la comunione a messa".

Secondo la difesa della donna, avvocato Domenico Serafino, che chiedeva l’assoluzione, "il sentimento di folgorazione" della donna la portava a "riconoscere l’importanza della sua parola, determinando una condizione mista di amore terreno e spirituale". Secondo la difesa, tuttavia, la corporatura esile dell’imputata, a confronto di quella prestante del sacerdote, non avrebbe rappresentato un pericolo concreto.

Lorenzo Priviato