Matteo Cagnoni, no alla scarcerazione. "Accuse troppo gravi"

Secondo la corte d’assise non bastano 2 mesi di buona condotta per liberarlo. "Incapace di gestire le proprie pulsioni"

Il dermatologo Matteo Cagnoni, accusato dell’omicidio della moglie Giulia

Il dermatologo Matteo Cagnoni, accusato dell’omicidio della moglie Giulia

Ravenna, 3 marzo 2018 - Gelo. In tribunale, sedicesima udienza rinviata causa strade ghiacciate. E nell’animo di Matteo Cagnoni, raggiunto a stretto giro dalla notizia dell’ennesimo no alla sua scarcerazione. Nel chiedere "clemenza", il venerdì precedente, il medico 52enne accusato dell’omicidio della moglie 39enne Giulia Ballestri aveva fatto leva su due aspetti: la recente buona condotta dopo un avvio turbolento (eufemismo) e il fatto di sentirsi «un uomo diverso, più responsabile e disciplinato», ma soprattutto il livello di sopportazione del regime carcerario esaurito e il timore dell’insorgere di gravi malattie.

«Due soli mesi di comportamenti processuali adeguati, non manipolativi, aggressivi od offensivi dell’imputato, che precedentemente aveva più volte manifestato intolleranza e incapacità di gestire le proprie pulsioni» – scrive la corte composta dal presidente Corrado Schiaretti, dal giudice Andrea Galanti, più i sei popolari – «risulta dato insufficiente a modificare un giudizio cautelare consolidato e stratificato nei precedenti provvedimenti».

Quelli, numerosi, con cui richieste analoghe di domiciliari con braccialetto elettronico erano state rigettate anche da altri giudici. La corte sottolinea che «nella valutazione delle esigenze cautelari non c’è spazio per particolari benevolenze soggettive, essendo in gioco non già il senso di umanità» reclamato dall’imputato, «ma le garanzie di tutela processuale imposte dall’ordinamento». E questo pure comprendendo che «la estrema limitazione della libertà personale esponga il ristretto a un grande sacrificio, talvolta vissuto con grandissima sofferenza soprattutto da chi sia attinto da accuse molto gravi e rischi, in esito al processo, una condanna definitiva molto lunga o addirittura (come teoricamente possibile) non definitiva nel suo termine». Cioè all’ergastolo.

Per questo i giudici ritengono che rispetto alla richiesta precedente le esigenze cautelari in ordine a pericolo fuga, reiterazione e manipolazione non siano modificate, e «la condizione di maggiore sofferenza costituisce dato inidoneo a incidere sulle valutazioni». Ciò a fronte di «una accusa così grave, di elementi dettagliati e circostanziati», per quanto «passibili di modifica in un dibattimento in cui la difesa non ha ancora dispiegato le proprie prove a discarico».

Alla scarcerazione, assieme al Pm Cristina D’Aniello («non scelse in quel momento di non delinquere, non credo abbia la capacità morale di poterlo scegliere oggi»), si era opposto il legale della famiglia Ballestri, Giovanni Scudellari, rimarcando che l’imputato non si è mai scusato con la madre di Giulia per averla apostrofata in aula ‘vacca’.

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