Maxi testamento in aula: "Tutti d’accordo: è falso"

La consulente della difesa in tribunale scagiona l’ex consigliere Bazzoni. Per la parte civile invece "quella è proprio la scrittura del commercialista"

Maxi testamento in tribunale

Maxi testamento in tribunale

Ravenna, 28 febbraio 2024 – Sicuramente quel testamento da capogiro è falso. E non si tratta di un’approssimazione partigiana visto che ieri in aula sia la consulente della difesa che quella della parte civile, hanno raggiunto la medesima conclusione. Almeno su questo punto: perché invece se per la prima, sebbene vi siano alcuni elementi di sovrapposizione, la mano non è quella dell’imputato, per la seconda non vi è dubbio: si tratta proprio della scrittura del commercialista nonché ex consigliere regionale di centrodestra Gianguido Bazzoni. E in attesa che nella prossima udienza, fissata per metà giugno, sia magari il diretto interessato a prendere la parola, vi racconteremo cosa finora è accaduto in questa singolare vicenda giudiziaria.

Tutto ruota attorno al – a questo punto sarebbe meglio definirlo ‘mai avvenuto’ – lascito di Luigi Pini di San Pietro in Vincoli, amico del Bazzoni ed ex funzionario di banca morto ultra-novantenne il 7 giugno 2021. Il falso testamento prevedeva per il Bazzoni la remissione di debiti per ben 218 mila euro oltre a un podere e alla metà dell’ingente liquidità del defunto. Le ultime volontà (mai espresse) prevedevano anche la remissione di debiti per ulteriori 220 mila euro facendo così salire la cifra complessiva a quasi 440 mila euro.

Un tesoretto insomma. Sei le persone che avrebbero potuto beneficiarne. La prima, per 4.000 mila euro; e poi un notaio di Rimini per 20 mila, una commercialista di Forlì per 25 mila. E ancora altre tre persone rispettivamente per 100 mila, 70 mila e 2.500 euro. Nessuna però aveva accettato il testamento. Come dire che sulla carta, il debito esiste ancora: se insomma tutti avevano rinunciato all’opportunità di scrollarselo di dosso, è perché aleggiava più di un dubbio sull’autenticità di quella carta la cui esistenza era emersa solo un paio di mesi dopo la morte. Lo stesso Bazzoni, nel dirsi estraneo alla manipolazione dell’atto, aveva declinato spiegando questo: “Ho fatto guardare, è falso, ho rinunciato”. A ad anticiparglielo, era stata la stessa consulente, la grafologa Cristofanelli, che ieri mattina ha parlato per la difesa. E se ha ribadito che quel testamento è falso, ha precisato che nel documento c’è un “rallentamento imitativo che non consente di individuarne l’autore nel Bazzoni”. Nel testo, punti di parziale compatibilità tra le scritture ci sono: vedi il “gesto spontaneo della ‘i’”. Ma si tratterebbe di “gesti grafici condivisi da varie persone”. In definitiva per lei “non si arriva a una identità di mano”.

Possibile, secondo l’esperta, che “la scheda testamentaria” sia stata scritta da “due differenti mani tra testo e firma”. Un’ipotesi su quest’ultima: “Può essere un tentativo di imitazione della scrittura del Pini che però da un certo punto di vista in poi lascia spazio a una scrittura più naturale”. Un tentativo di chi? Secondo la consulente di parte civile, la grafologa Ricci, dietro ci sarebbe proprio l’imputato: “Nella scrittura testamentaria, la parte più veloce presenta numerose variazioni grafiche rinvenute nella scrittura del Bazzoni. Non si tratta solo di alcune parti: qui si parla di una totalità di corrispondenze: movimento, spazi, pressione grafica e potrei andare avanti…”. A suo avviso inoltre “è tutto riconducibile a un’unica mano”. A questo punto per capire se davvero si tratti di quella di Bazzoni o meno, il giudice Cosimo Pedullà potrebbe pure decidere di affidare il falso testamento al vaglio di un suo perito.