Monte Tondo, Provincia contro l’ampliamento della cava di gesso

La proposta di variante al Piano infraregionale sposa lo scenario B dello studio commissionato dalla Regione. Ovvero quello che permetterebbe le estrazioni alla Saint-Gobain ma non di ampliare l’area dell’impianto.

Monte Tondo, Provincia contro  l’ampliamento della cava di gesso

Monte Tondo, Provincia contro l’ampliamento della cava di gesso

La proposta di variante al Piano infraregionale delle attività estrattive pubblicata poche ore fa dalla Provincia di Ravenna sposa lo scenario B previsto dallo studio commissionato dalla Regione sulla cava di Monte Tondo, quello insomma che consentirebbe alla Saint-Gobain di estrarre nella cava i volumi di gesso concessi dalla legge ma non di ampliare l’area delle estrazioni.

Un colpo di scena secondo alcuni, l’approdo inevitabile dell’intera questione secondo altri, sta di fatto che l’ente con sede in piazza Caduti ha individuato nello scenario B "l’unico che, stante il ruolo pianificatorio della provincia e considerato l’attuale quadro normativo e di zoonizzazione così come definito dalla Rete Natura 2000, può essere preso in considerazione, valutando le componenti ambientali paesaggistiche e socio-economiche coinvolte".

Ne consegue che "la Variante al Piae di Ravenna relativa al Polo regionale Cava di Monte Tondo avrà come assunto l’adozione di questo scenario di riferimento. Nel polo sono stati individuati due ambiti distinti, ricadenti sempre all’interno della perimetrazione del Piae vigente: un ambito indicato come cava nord, nel quale si provvede al completamento del recupero secondo i principi e le modalità già descritti e all’accorpamento con il Parco; un ambito indicato come cava sud, nel quale si porta a conclusione l’estrazione".

La Provincia, ora in attesa delle controdeduzioni, sottolinea anche la sua volontà di "confermare come quota altimetrica indicativa di riferimento, come base dei futuri scavi estrattivi, quella del piano di cava a circa 220 metri sul livello del mare". Prese di posizioni nette, più di quanto abbia fatto l’Ente Parchi Romagna nel suo Piano territoriale, pubblicato alcune settimane fa.

La provincia propende per lo scenario B dello studio commissionato dalla Regione anche nello stimare in 1,7 milioni di metri cubi la disponibilità del cosiddetto "tout venant gessoso", ovvero del gesso ‘grezzo’ così come viene estratto dalla cava, precedentemente ai processi che per primi intervengono sulla sua massa effettiva.

La Saint-Gobain ha più volte ribadito di non ritenere aderente alla realtà la stima di 1,7 milioni di metri cubi di gesso ancora presenti nella cava: l’azienda sostiene che il gesso effettivamente estraibile sia in realtà molto meno – nel 2021 parlò di ancora tre o quattro anni di estrazioni possibili stanti i ritmi tenuti nell’ultimo arco di tempo – non abbastanza per poter proseguire l’attività dell’impianto di Casola Valsenio fino alla sua completa riconversione alla lavorazione del solo cartongesso, oggi impossibile dal momento che non esiste una filiera per il cartongesso riciclato, e che i volumi presenti sul mercato paiono ancora esigui.

Proprio per questi motivi la Saint-Gobain chiedeva l’ampliamento dell’area di cava. Impossibile prevedere ora se quegli 1,7 milioni di metri cubi, messi nero su bianco, possano consentire in futuro all’azienda di impugnare in qualche modo il Piae – nell’eventualità che l’attuale cava dimostri di contenere meno gesso di quello prospettato – chiedendo così di poter ampliare l’area delle estrazioni fino ad arrivare alla fatidica soglia di materiale estratto, o se invece i limiti dell’attuale area di cava siano ormai ‘una linea del Piave’ oltre la quale le estrazioni non si spingeranno mai.

Filippo Donati