
In cinquecento ad Alfonsine alla manifestazione per la legalità dopo le lettere diffamatorie e la telefonata minatoria al dipendente comunale
Il sindaco di Alfonsine, Riccardo Graziani, in fase di preparazione della manifestazione che si è svolta martedì sera in piazza Gramsci, aveva espresso qualche dubbio su quante persone vi avrebbero potuto partecipare, tanto era stata organizzata in fretta. Ma i dubbi sono stati spazzati via dalla presenza di oltre cinquecento persone che si sono radunate dietro allo striscione ‘Alfonsine per la legalità’. Tanti i cittadini, molte le bandiere dei sindacati Cgil, Cisl e Uil che hanno aderito alla manifestazione. Ad aprire il corteo che, silenziosamente, si è dipanato da piazza Gramsci fino a piazza della Resistenza, per poi tornare da dove si era partiti, sindaci e amministratori di tutti i Comuni della provincia di Ravenna con rispettiva fascia tricolore. La marcia silenziosa era stata scelta dagli organizzatori come monito contro le urla di chi minaccia.
"Un segnale che non ci piegheremo alle intimidazioni" ha esordito nel suo discorso il sindaco stesso dopo che il corteo è rientrato in piazza Gramsci. E’ stato lui ha tracciare i contorni di questa vicenda, iniziata il 26 settembre con la diffusione di una lettera anonima ad alcuni cittadini e amministratori. "Nel testo di questa missiva venivano diffuse notizie false su alcuni componenti del nostro ufficio tecnico – spiega –, indicandoli con le soli iniziali, ma, in un comune così piccolo, non è tanto difficile capire a chi erano rivolte le accuse infondate. Li si accusava di aver lavorato male, aver fornito dati sbagliati in merito al controsoffitto dell’auditorium della scuola Oriani che nel 2021 è venuto giù". Su questa vicenda è ancora in corso un procedimento civile, dove il Comune di Alfonsine cerca di far valere le proprie ragioni. Una lettera sicuramente antipatica, ma a far salire il livello di guardia è stato un altro fatto: "Una telefonata che, sempre il 26 settembre – racconta ancora il primo cittadino – ha ricevuto uno dei due dipendenti accusati nella lettera. Telefonata anonima da numero non riconoscibile, ma carica di esplicite minacce. Gli si intimava di pagare entro una settimana, altrimenti ne avrebbe subito le conseguenze, non solo lui, ma anche la sua famiglia, facendo poi il nome di suo figlio di 10 anni e di sua moglie. Rilevando così di essere in possesso di dati della sfera intima familiare che aggravano la minaccia stessa".
E se per la lettera sarebbe bastato un "giro dai carabinieri per sporgere denuncia per diffamazione", per la telefonata "serviva una risposta immediata": quella che martedì sera in tanti hanno voluto dare agli autori della lettera e della telefonata. I due episodi non è detto che siano per forza correlati, saranno gli inquirenti a fare le dovute verifiche. "Una risposta che è venuta da tutto un territorio, quello ravennate, inteso come somma di tutte le istituzioni e di cittadini – ha sottolineato Graziani –. Una comunità che non lascia solo chi è oggetto di intimidazioni. Una solidarietà che porta con sé la forza delle nostre comunità". Il colpo d’occhio sulla piazza, mentre parlavano i relatori, era impressionante: un muro fatto di uomini, donne, fasce tricolori, bandiere sindacali. Oltre al sindaco, hanno preso la parola per portare il proprio sostegno alla resistenza contro le intimidazioni, i sindacati uniti, in rappresentanza dei quali ha parlato la segretaria provinciale della Cgil, Manuela Trancossi. A portare il sostegno del mondo imprenditoriale è intervenuto il presidente del Tavolo per l’imprenditoria della Bassa Romagna, Raffaele Gordini. Le conclusioni sono state tirate dal coordinatore provinciale di Libera, Carlo Garavini.
Matteo Bondi