
Sono tanti i clienti rimasti affezionati ai propri negozianti di fiducia che, durante il periodo della pandemia, avevano conosciuto un vero e proprio boom di vendite, complice anche la chiusura dei ristoranti. Ma ora lo scenario è decisamente cambiato a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina e del caro ‘energia’. "Con i prezzi è un ‘disastro’ – si lascia scappare Manuele Gabelli, titolare della macelleria e gastronomia Gabelli –. Se ci allineassimo con quanto ci chiedono i fornitori, dovremmo rincarare tutto del 30-4% e sarebbe impossibile vendere. Ora la situazione è un po’ migliorata ma c’è stato un periodo, per esempio, che il costo di pollo e tacchino, tra le carni più consumate ed economiche, è salito alle stelle per via di problemi agli allevamenti e ai trasporti. Impensabile proporli a 1516 euro al chilo al chilo. Per mesi ho litigato inutilmente con i fornitori accollandomi gli aumenti, poi ho dovuto cedere e aumentare i prezzi del 5%".
A ogni modo, Gabelli può contare su uno zoccolo duro di clienti. "C’è chi fa più attenzione ai prezzi rispetto al passato, inutile dirlo – conclude –. Però, chi sceglie noi anziché il supermercato si aspetta una qualità maggiore".
Anche in pescheria lo scenario non è molto diverso. "Qualche rincaro c’è stato inevitabilmente nell’ordine del 6-8%– afferma Giulio della pescheria Mario di Ravenna –, ma non tale da giustificare cambi di abitudini. Il nostro è un settore in cui i prezzi sono sempre stati soggetti a oscillazioni di mercato, perché dipende dalla quantità disponibile del prodotto. Basti pensare al polipo, per esempio: gli aumenti sono stati ben precedenti alla crisi economica. Ciò che è cambiato purtroppo è la disponibilità della gente che si trova a dover far fronte a sua volta a bollette e trasporti più cari. In generale, abbiamo notato che chi prima veniva anche 34 volte a settimana, ora si limita a 23, e magari si prediligono pesci più a buon mercato. Noi continuiamo a lavorare bene con la nostra clientela, ma c’è anche chi si è rifugiato al supermercato".
Occhio ai prezzi anche dal fruttivendolo. "In tanti si ‘buttano’ sulle cose che costano meno – racconta Caterina Rosetti di Rosetti La Frutta del cuore –. La gente ci conosce per la qualità che non è mai venuta meno, nel tempo abbiamo imparato a soddisfare tutte le tasche. Ora è la stagione delle ciliegie: accanto a quelle extra lusso, teniamo anche quelle più piccole ma ugualmente gustose e meno care. Facciamo il possibile per contenere i costi, comprando all’ingrosso e da produttori locali. Mele, pere, banane, arance costano più o meno uguale all’anno scorso, ma ci sono anche prodotti come albicocche e pesche che vendiamo a 3,5 euro, leggermente meno rispetto al 2021. Vendiamo bene anche le insalate che vengono dal Riminese, le zucchine e altre verdure di stagione. L’unico prodotto che è salito alle stelle è il pomodorino ciliegino o datterino che non costa meno di 3-4 euro al chilo".
r.bez.