Palazzo Conti Sinibaldi, un tesoro svelato

Rara apertura grazie al Fai del palazzo di proprietà privata con affreschi di Giani ed eccellenti condizioni di conservazione

Palazzo Conti Sinibaldi, un tesoro svelato

Palazzo Conti Sinibaldi, un tesoro svelato

Occhi al cielo a Palazzo Conti Sinibaldi, aperto in via eccezionale ieri e oggi, dalle 10 alle 12, in occasione delle Giornate di primavera del Fondo per l’ambiente italiano. Uno scrigno del Neoclassico di proprietà privata e normalmente chiuso al pubblico, in cui sono entrati ieri per la prima volta perfino alcuni dei più accaniti conoscitori della stagione architettonica faentina più gloriosa. La firma delle tempere e degli affreschi presenti lungo le sale del palazzo è sempre la sua: Felice Giani, l’uomo che ha reso immortali luoghi come Palazzo Milzetti e la Galleria dei Cento Pacifici – gli altri due luoghi protagonisti delle Giornate Fai a Faenza. "Eppure non ci stanchiamo mai di lui", fa notare uno dei presenti. I faentini – nell’ordine delle centinaia – si sono messi in coda sin dalla prima mattinata per entrare nel palazzo, aspettando in alcuni casi anche un’ora abbondante.

Il palazzo si presenta in condizioni di conservazione eccezionali; la quasi totalità delle stanze ha ancora l’aspetto che doveva avere due secoli fa, salvo quando a determinare stravolgimenti sono state cause di forza maggiore. "Come nella sala di Fetonte, danneggiata nel corso della Seconda guerra mondiale", fa notare Mbayang Syll, una delle studentesse dell’Istituto Persolino-Strocchi che in qualità di ‘apprendisti ciceroni’ hanno accompagnato la visita guidata. "Sulle pareti e sui soffitti sono però ancora leggibilissime le riproposizioni del mito che vede Fetonte tenere le redini del carro solare di Apollo". Il Giani che lavorò qui stava vedendo la storia srotolarsi sotto i suoi occhi: il Settecento era agli sgoccioli, e Oltralpe già pulsavano le idee luministe che avrebbero fatto fiorire la stagione del Neoclassico italiano: "Non a caso alle pareti notiamo elementi ancora tipici della tradizione Settecentesca, con i suoi ultimi strascichi di origine barocca, affiancati a scorci dove invece Giani lascia già trasparire la sua fascinazione per la classicità".

Alcuni metri più in là si presenta perfettamente conservata la sala delle Muse: "alle pareti", spiega Imane Marzak, un’altra delle studentesse del Persolino-Strocchi, "troviamo Mnemosine e le nove figlie che ebbe con Giove, le Muse". Per Giani, una dichiarazione di intenti, una traccia da seguire. Il rinnovamento di cui l’artista si fece interprete è inequivocabile nella sala dei Legislatori: nelle convinzioni di Giani e dei suoi contemporanei la Repubblica, che sarebbe stata proclamata in Francia nel 1792 e in Italia nel 1796, era un qualcosa di connaturato all’essere umano, l’espressione del suo vivere da pari a pari fra i suoi simili. Certezze che l’artista trae ancora una volta dai classici, nei passaggi della storia greca in cui intravedeva lo sbocciare di una civiltà di cui si stava facendo interprete. Evocativo il terrazzino affacciato sul cortile interno, una delle varie fonti di stupore: tanti faentini non hanno potuto fare a meno di accorgersi di essersi ritrovati davanti ad uno scorcio inedito sulla città, con la prospettiva dall’alto su via Zanelli e via Castellani, contornata anche qui, da un lato e dall’altro, dal Neoclassico.

Filippo Donati