Quando le radio libere iniziarono a ‘cantare’

La prima emittente in provincia nacque a fine dicembre 1975, da un’idea di Danilo Casali e con mezzi in gran parte artigianali.

TeleRavenna: così doveva chiamarsi la prima tv via cavo di Ravenna. Giusto 45 anni fa. Era l’inizio del 1975 e l’idea era di un “grande e visionario personaggio” ravennate, Danilo Casali, che allora aveva 41 anni. Ma l’impresa risultò dispendiosa (una telecamera professionale costava 250 milioni di lire) e Casali dovette metterla da parte. Ma il suo estro creativo era in movimento e al posto della tv privata si ‘accontentò’ di una radio privata, la prima in provincia, una delle prime in Italia, ‘Radio Ravenna Uno’. Proprio nell’estate del 1975 cominciarono i lavori per attrezzare lo studio. Con mezzi in gran parte artigianali, come i cartoni per le uova utilizzati per l’insonorizzazione. Una radio che si è spenta nel ’97, dopo 22 anni di trasmissioni, ‘fucina’ anche di formazione di giovani dj e giornalisti.

A metà degli anni Settanta, il vento del ‘Sessantotto’ era spezzettato in mille rivoli, ma i semi delle idee di fondo, la libertà di opinione in primo luogo, avevano continuato a germogliare e a crescere in fretta, grazie anche al veloce sviluppo delle tecnologie legate alle telecomunicazioni. Non si può prescindere da questo scenario per capire il fenomeno delle tv e delle radio libere che negli anni 70 coinvolse migliaia di persone, soprattutto giovani, in ogni città italiana. L’obiettivo era di poter avere uno strumento per comunicare col maggior numero di persone, per poter esprimere le proprie idee. Per rompere il monopolio della Rai.

Nel 1971 era nata a Biella la prima tv privata italiana via cavo. Finì subito sotto processo e tre anni dopo il caso approdò alla Consulta che nel luglio del ’74 emise la prima fondamentale sentenza in tema di libertà di espressione: sì alla tv via cavo con un bacino di utenza locale. Ecco perché Danilo Casali, classe 1933, studi di giurisprudenza lasciati a metà, grafico pubblicitario, vetrinista fra i più affermati a Ravenna, puntò l’attenzione in primo luogo sulla tv: nella sua mente era ben raffigurato l’ambito di intervento, limitato a poche ore: musica, sport, pubblicità, un film serale. Ma dovette desistere e ripiegare sulla radio.

Creativo senza età, lo definivano: aveva un’attività redditizia, grafico pubblicitario, creatore di marchi per importanti ‘griffe’ ravennati, come la ‘S’ allungata per Sabbioni profumi e anche vetrinista di successo; ma Casali decise che il suo futuro sarebbe stato nell’etere. Frequenti i contatti con ‘Radio Milano International’, fra le prime importanti radio private italiane e con ‘Radio Parma’ il cui fondatore era anche un radiotecnico che si era costruito da solo le apparecchiature. Quando a Ravenna si mosse alla ricerca di pubblicità, in pochi compresero il progetto e anche in banca furono diffidenti. Ma alla fine l’avventura prese corpo. Apparecchiature, appartamento nel palazzo di piazza Caduti all’angolo con via De Gasperi, allestimento: se ne andò un bel mucchio di denaro.

Per muoversi nell’etere, Danilo Casali aveva preso con sé gente esperta come Harb Randall e Alberto Salzano, il primo per il settore tecnico, l’altro per il versante legale. Alberto (figlio del giudice Guido, presidente della sezione penale del tribunale) stava facendo pratica da avvocato. I due non si limitarono ai consigli, entrarono come soci e si improvvisarono anche conduttori di programmi e dj. Tutto, all’epoca, su questo fronte, era improvvisazione, ma tanto era l’entusiasmo affatto scalfito dall’avversione del potere che procedeva a suon di sequestri verso le ‘radio libere’. Settimane di prove, poi il battesimo a fine dicembre 1975 con il clou alla notte di San Silvestro quando ai piatti con i 33 o i 45 giri di vinile si cimentarono Salzano, Carlo Rivola che poi fonderà Radio Zero e Gianni Zannoni che diventerà un illustre architetto. Il 13 gennaio scattò l’inevitabile sequestro. E qui entrò in scena Salzano avvocato e di lì a un mese il pretore Angelino Tarroni dissequestrò tutto, anticipando in pratica l’altra fondamentale sentenza della Corte Costituzionale del 28 luglio ‘76 conseguente ai ricorsi di molti pretori (compreso il suo). Una sentenza storica, che liberalizzò le trasmissioni radio in ambito locale. A reggere le lunghe ore di trasmissione, in prima fila era Casali. Musica soprattutto, straniera quando a mixare erano Randall e Salzano, romagnola quando c’era Danilo. Il successo fu immediato anche se in pianura il raggio di copertura dell’antenna a mala pena arrivava al mare.

Nel corso del tempo Radio Ravenna Uno cominciò a trasmettere incontri di calcio e volley, informazione, rubriche di vario genere (avviò il filo diretto con gli amministratori comunali ai quali gli ascoltatori potevano telefonare), ma l’impronta rimase sempre quella di una radio popolare, romagnola (Casali era solito esprimersi in dialetto), politicamente neutrale. "Questa è la radio di tutta la città" amava ripetere. In ventidue anni di trasmissioni, sono stati oltre trenta i collaboratori impegnati nella redazione, come Carla Baroncelli, poi passata alla Rai. Mentre il direttore responsabile dei servizi di informazione era Antonio Graziani, poi diventato attivo corrispondente Rai da Ravenna. Nel 1997, dopo due cambi di sede, in via Fiume Montone Abbandonato e in via Frignani, Danilo Casali cedette le frequenze. "E’ stata un’avventura fantastica e piena di soddisfazioni. Ne valeva proprio la pena". Morì il 3 maggio 2008.

Carlo Raggi