
Il sì sui quesiti giuslavoristici ha ottenuto fra l’86 e l’87% , quello sulla cittadinanza il 64%. Trancossi (segretaria Cgil): "Esiste un fiume carsico di razzismo che attraversa la società". .
L’attesa débâcle referendaria si è rivelata peggiore del previsto. Nel quartier generale della Cgil – promotrice dei quattro quesiti sul lavoro e buttatasi ‘anima e core’ anche nella campagna referendaria per il quinto ‘sì’ – i conti non tornano: sulla carta erano i primi quattro quesiti a non godere del supporto trasversale di tutto il centrosinistra, mentre il quinto sembrava vantare un sostegno ecumenico, nonostante il Movimento 5 Stelle avesse lasciato ai suoi elettori libertà di voto. È finita come non ci si aspettava: il sì sui quesiti giuslavoristici ha ottenuto in provincia di Ravenna percentuali bulgare, fra l’86 e l’87% dei votanti, mentre il quesito sulla cittadinanza si è addirittura fermato sotto i due terzi degli elettori, al 64%.
Quella di Ravenna, con il 37,8% di votanti, è la quarta provincia con la maggiore affluenza in regione, alle spalle di Bologna (prima col 44%), Reggio Emilia e Modena: un dato che non sorprende considerando come si tratti dei territori in cui il centrosinistra vanta il maggior seguito popolare.
Il capoluogo non è tuttavia il comune con la maggiore affluenza: il 37,6% registrato a Ravenna lascia la città alle spalle di Alfonsine (da record il suo 43%), Bagnacavallo e Fusignano (entrambe al 41%), Massa Lombarda (al 40%), Faenza, Riolo Terme, Cotignola e Bagnara (tutte al 38%). Maglia nera è Brisighella: nel solo comune autenticamente di centrodestra della provincia l’affluenza non va oltre il 31%.
L’Emilia Romagna è la seconda regione in cui si è votato di più (38,05%), dopo la Toscana, in cui il 39% degli elettori si è recato alle urne. Il 35% di ‘no’ al quinto quesito è una valanga sull’idea di Italia che la Cgil e il centrosinistra hanno cercato di proporre negli ultimi anni anni, tentando di scardinare un clima di intolleranza diffuso. "Non ci illudevamo che paure alimentate artificialmente per tre decenni potessero essere scacciate via con una campagna referendaria di sei mesi", osserva la segretaria generale ravennate della Cgil Manuela Trancossi.
"Continueremo a portare avanti la nostra lotta, a dire che fra noi c’è già una nuova generazione di italiani che merita gli stessi diritti. I ‘no’ fra elettori realisticamente di sinistra non ci devono sorprendere troppo: esiste un fiume carsico di razzismo – sì, intendo chiamarlo con il suo nome – che attraversa la società trasversalmente. Ogni nostra iniziativa pubblica è stata bersagliata di critiche proprio in virtù di quel quinto quesito. Veniamo da tre decenni in cui le persone sono state progressivamente spinte a chiudersi in se stesse: continueremo a cercare di parlare con loro, a spiegare che in Italia per fortuna non esistono quartieri ghetto come purtroppo ci sono in Belgio, che se c’è un allarme criminalità per alcuni specifici delitti – penso ai femminicidi – non è minimamente legato all’immigrazione, che senza i ‘nuovi italiani’ interi settori dell’economia crollerebbero".
Filippo Donati