
I carabinieri hanno voluto fare approfondimenti sulla vicenda
Lei nel 2019 lei lo aveva denunciato per maltrattamenti. E lui a maggio 2021 aveva patteggiato un anno 4 mesi e 20 giorni di reclusione con la sospensione della pena subordinata alla frequentazione di un corso di recupero anti-violenza. Poi tra i due c’era stato un lungo tira e molla: si erano ripresi e lasciati più volte tra crisi e riconciliazioni; tanto che giusto a dicembre erano tornati assieme. Un quadro che, dopo la chiamata interrotta di lei successiva all’uscita di strada tra Brisighella e Sarna, aveva spinto i carabinieri ad approfondire quello che su due piedi era stato presentato come banale urto stradale tra coniugi. I militari erano quindi andati a cercare la donna ricevendone le informazioni alla base dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata martedì sera a Brescia, città nella quale si trovava per ragioni di lavoro, a un 48enne tecnico impiantista del comprensorio faentino.
Per l’uomo, accusato di tentato omicidio aggravato nei confronti della moglie ultra-trentenne, oggi sarà la volta dell’interrogatorio di garanzia davanti allo stesso gip Janos Barlotti che ha emesso la misura restrittiva su richiesta del pm Angela Scorza. L’accusa è di avere speronato le vettura di lei con l’intenzione di mandare fuori strada la donna per ucciderla. Intanto la moglie, tutelata dall’avvocato Marco Emiliani, mercoledì mattina è stata sentita in procura a sommarie informazioni. Dalla carte è emerso che il 22 gennaio, cioè tre giorni dopo l’incidente, aveva presentato un’altra denuncia per maltrattamenti.
"Me lo sono ritrovato dietro", ha in buona sostanza ribadito davanti al pm, "e poi mi ha fatto finire fuori strada". Tecnicamente lei non ha denunciato il marito per tentato omicidio pur nella consapevolezza che uscendo di strada in quel tratto, sarebbe potuta anche morire: ma ha fornito agli inquirenti gli elementi per potere dedurre l’accusa sulla base della dinamica dello schianto avvenuto il pomeriggio del 19 gennaio scorso.
La sera precedente in seguito a una discussione, lei aveva rinunciato a uscire con le amiche. E quel giorno lui, adducendo una scusa (avrebbe voluto prendere un caffè tutti assieme), l’aveva raggiunta mentre si trovava a pranzo con una parente. Poi di nuovo tutti in auto, lei verso l’abitazione di un’amica e lui - sostiene l’accusa -, spinto dalla gelosia, l’aveva inseguita; quindi l’aveva sorpassata e speronata facendola finire fuori strada. A sua volta era finito fuori strada chiamando poi il carro attrezzi e il 118 e aiutando la donna a uscire dalle vettura (per lei, prognosi di 5 giorni).
Poco dopo le aveva preso di mano il cellulare quando la moglie aveva iniziato a parlare con i carabinieri. Dopodiché - sempre secondo l’accusa - aveva preso dall’auto di lei alcune valige ritenendo che le avesse preparate perché intenzionata ad andare via. Il giorno dopo inoltre si era recato in officina per rovistare nelle borse lasciate dalla donna e prendere qualcosa. Il sospetto degli inquirenti è che lui fosse andato lì per prelevare un gps installato sulla vettura di lei per seguirne i movimenti.
Secondo la difesa (avvocati Lorenzo Valgimigli, Alice Rondinini ed Elena Bianconcini), in realtà di quel gps non c’è prova: come dire che fin qui si tratta di una ipotesi suggestiva. In quanto alle valige, dentro c’erano strumenti di lavori di lui; e dalle borse di lei, l’uomo avrebbe preso documentazione sanitaria utile alla donna. Circa la ricostruzione dell’accaduto, non si era trattato di un pedinamento ma - per la difesa - lui l’aveva incrociata per strada, aveva cercato di attirare la sua attenzione con gli abbaglianti per parlarle e, nel tentativo di sorpassarla, aveva stretto troppo finendo con l’urtarla accidentalmente.
Andrea Colombari