REDAZIONE RAVENNA

Tarantino: "Vado via con un po’ di amarezza"

Al centro di polemiche per il caso LeWitt, l’ormai ex direttore del Mar prepara le valigie: "Il museo? Non sono uno storico dell’arte"

Dopo cinque anni si chiude la direzione Tarantino. Maurizio Tarantino, dal 2017 dirigente della Cultura, direttore di Mar e Classense, lascia. Era già stato deciso dal Comune di separare la gestione delle due istituzioni. Al Mar è arrivato un nuovo direttore, in Classense è stato indetto un concorso pubblico, al quale Tarantino ha partecipato senza superare lo scritto.

Direttore, dopo cinque anni e il risultato negativo del concorso, va via con amarezza?

"Un po’: mi piaceva l’idea di trascorrere gli ultimi anni che mi mancano alla pensione nella Classense, che non è solo una biblioteca. È un luogo dalle molteplici potenzialità e una direzione forte avrebbe potuto fare molto. Di idee ne avevo tante".

Del concorso cosa dice?

"Dei bravi dirigenti della cultura non possono essere selezionati con concorsi ottocenteschi. E lo dico sia da ‘esaminato’ che da esaminatore perché ho fatto parte di commissioni, ne sono stato anche il presidente".

Perché è venuto a Ravenna?

"Ho partecipato al concorso indetto dal Comune e sono stato scelto. È stato anche detto che ero stato cooptato. Figuriamoci, a Ravenna non conoscevo nessuno. Era una sfida e avevo immaginato, visto il mio profilo, che la Classense fosse l’asset principale dell’intero pacchetto, anche se c’era molto altro".

C’era anche il Mar. Sul Museo è stato molto criticato.

"Non sono uno storico dell’arte. Sul Mar ho subito detto che mi sarei impegnato perché chi era al suo interno potesse lavorare al meglio e per mettere il museo a contatto con mondi distanti".

Pensa di esserci riuscito?

"Sì. Il Mar aveva una storia importante, ma monotematica. Doveva mettersi in gioco, ho portato al museo esperienze anche molto lontane e ho affidato responsabilità importanti a chi ci lavora. Li ho ‘costretti’ a misurarsi con modi diversi di concepire l’arte. Penso alle mostre su Oliviero Toscani, Roversi, a ‘?War is over’. Credo che il Mar e le persone che ci lavorano siano cresciuti. Prima era un’isola".

Il consigliere Ancisi dice che negli anni sono calati i finanziamenti privati, a dimostrazione di una perdita di attrattiva.

"Non è così e lui dovrebbe saperlo. Per un triennio nel quale la legge vietava ai Comuni di investire su questo tipo di attività, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ha sostenuto il Mar. Decaduto il divieto è subentrato il Comune, ma in accordo con la Fondazione, come capita sempre in questi frangenti".

I visitatori sono calati?

"Nel 2017 sì, era l’anno del cambiamento, con la mostra in autunno. Poi sono cresciuti".

Anche facendo il confronto con il passato?

"Sì. Non tutte le grandi mostre del passato erano andate bene. Nel 2019, con Chuck Close, Riccardo Zangelmi e l’installazione di Niki de Saint Phalle, abbiamo superato i dati precedenti con oltre 50.000 visitatori, spalmati su più eventi. Gli incassi sono stati leggermente più bassi".

Le è stato contestato il rapporto con l’assessora Signorino: troppo accondiscendente.

"L’assessora Signorino ha un carattere forte e autorevole. Non siamo sempre stati d’accordo, ma abbiamo lavorato bene nel rispetto dei ruoli. È stata un’esperienza importante".

Di cosa è orgoglioso della sua attività di dirigente?

"Le celebrazioni dantesche sicuramente: il Museo e Casa Dante possono essere migliorati, ma prima non esistevano. E poi le convenzioni, è stato costruito un sistema completamente diverso e non è stato facile. È un’eredità che rimane".

L’esposizione del lavoro di LeWitt al Mar è ancora al centro di polemiche. Ma chi decide se si può esporre o meno?

"L’istituzione che lo possiede deve curare la conservazione, la valorizzazione e la fruizione. Poi esiste una componente morale del diritto d’autore che consente agli eredi di dire la loro".

In questo caso gli eredi cosa dicono?

"C’è una trattativa tra eredi e Museo per l’attribuzione dell’opera. Hanno autorizzato l’esposizione ricordando che dopo andrebbe distrutta".

È d’accordo?

"Gli eredi hanno riconosciuto il bozzetto e autorizzato una seconda copia. La prima è la nostra. In ogni modo, che sia riconosciuta o meno, non può essere distrutta. Ci sono circostanze in cui chi lavora nella cultura deve saper rischiare".

Annamaria Corrado