
I fatti sono avvenuti ad Alfonsine dove la coppia risiedeva prima di separarsi
Un incubo durato anni, fatto di violenze, minacce e privazioni, si è concluso con un patteggiamento a due anni di reclusione. L’imputato, un quarantenne rumeno, ha ottenuto l’accordo davanti al giudice Andrea Galanti, con l’assistenza dell’avvocato difensore Alberto Padovani. La moglie, vittima delle aggressioni, era parte offesa nel processo, tutelata dall’avvocato Alessandra Giovannini. Essendo incensurato, l’uomo ha potuto beneficiare del patteggiamento, che ha fatto venire meno il riconoscimento di un risarcimento economico alla donna.
I fatti contestati, avvenuti ad Alfonsine dove la coppia risiedeva prima della separazione, coprono un arco temporale di oltre due anni, con gli episodi di violenza e sopraffazione iniziati già nel 2022 e protrattisi fino al giugno 2024. Numerosi gli atti di maltrattamento subiti dalla donna, costretta a vivere in un clima di paura costante. Già due anni fa, il marito avrebbe cercato di strangolarla afferrandola con le mani per il collo, per poi scusarsi subito dopo, ripetendo un copione fatto di aggressioni e pentimenti. Col passare del tempo le minacce si sarebbero fatte sempre più pesanti: “Ti metterò in una bara”, “Ti rovinerò la vita”, “Non ti libererai mai di me”.
Uno degli episodi più gravi risale al 14 giugno 2024. Quel giorno, la donna aveva un appuntamento con un amico, ma il marito, ossessionato dal controllo, la seguì per affrontarlo. In preda alla gelosia, le strappò il cellulare di mano per impedirle di chiedere aiuto e la aggredì fisicamente, il tutto davanti al figlio minore. Fu proprio il bambino a correre in strada per attirare l’attenzione dei passanti e chiedere aiuto. Sempre in quella circostanza la donna aveva riportato delle lesioni in quanto, nel tentativo di riprendersi il telefono, fu colpita davanti al figlio, riportando un trauma facciale e abrasioni alle braccia.
Le violenze non si limitavano alle percosse e alle minacce verbali. Nell’agosto del 2023, per impedirle di uscire, il quarantenne la chiuse in casa, serrando porte e finestre e portando via le chiavi, sia dell’abitazione che dell’auto. La donna subiva controlli costanti, doveva chiedere il permesso anche solo per vedere i colleghi di lavoro e le veniva imposto di non frequentare amici.
La violenza privata si manifestava anche nel costante tentativo di isolarla, impedendole di chiedere aiuto o di avere una vita autonoma. Un inferno quotidiano, fatto di oppressione e paura, che si è concluso in tribunale con un patteggiamento. L’uomo ha evitato una condanna più pesante, ma la fine del procedimento segna per la donna la speranza di un nuovo inizio, lontano da chi per anni le ha reso la vita insostenibile. Nelle more del patteggiamento, come previsto dalla nuova normativa sulle violenze di genere, l’ex marito violento dovrà inoltre sostenere un corso per uomini maltrattanti.
l. p.