Vadim Piccione, minacce sopra il cippo

Un pesce sulla foto del giovane trovato morto dopo la Notte Rosa, il padre: "Mi vogliono zittire"

Il cippo in memoria di Vadim Piccione, nel riquadro il pesce finto trovato sopra

Il cippo in memoria di Vadim Piccione, nel riquadro il pesce finto trovato sopra

Ravenna, 25 marzo 2019 - Un pesce finto legato con un elastico nero da capelli, proprio sopra la foto del cippo del suo Vadim. Il padre, Giuseppe Piccione, non ha dubbi: «Vogliono che stia zitto, a qualcuno la riapertura dell’indagine sulla morte di mio figlio dà fastidio. Evidentemente abbiamo toccato corde sensibili». Non c’è pace per la memoria di questo ragazzo che fu trovato morto l’8 luglio 2012, tra la melma del canale Marano di Riccione, dopo una Notte Rosa fatta di eccessi e di amici che tornarono in treno a Ravenna senza di lui e senza curarsi troppo di dove fosse finito.

Il padre si è sempre opposto alla pista della tragica fatalità e all’intenzione della Procura riminese di archiviare. E proprio di recente l’ennesimo ricorso ha spinto il Tribunale a disporre nuovi accertamenti, sentendo gli amici e i loro genitori che ne avevano ricevuto le confidenze, e a rivedere gli aspetti legati al risultato di un’autopsia inficiato da errori in camera mortuaria (il corpo fu lasciato a lungo al sole). L’oltraggioso ritrovamento del pesce, sul cippo di Riccione posto dove Vadim fu trovato senza vita, non appare casuale.

Almeno agli occhi del genitore: «Ero stato a Riccione l’8 marzo ed era tutto in ordine, il 12 è stata data la notizia dell’indagine riaperta, sono tornato il 20 e ho trovato questo strano oggetto sulla lapide. La squadra dei miei avvocati e consulenti è concorde nel credere che si sia trattato di un grave atto intimidatorio: ‘Dovreste stare muti come pesci’, questo ci leggo». Piccione ha così sporto una denuncia in questura a Ravenna e chiesto alla polizia municipale di Rimini di visionare i filmati della telecamera di sorveglianza installata sul parcheggio attiguo per tentare l’individuazione degli autore del gesto e dei numeri di targa delle auto transitate. Già in passato il cippo era stato oltraggiato da vandali rimasti ignoti che strapparono la foto del ragazzo. Ora questo nuovo episodio amareggia e irrita la famiglia.

«Voglio che tutti sappiano – dice Piccione – che non saranno certo atti intimidatori come questo a fare arrestare la nostra opera di ricerca della verità perché siamo certi che Vadim non sia morto annegato e che quella notte sia successo qualcosa di diverso che può aver concorso alla morte di mio figlio. Che aveva un edema al collo, delle escoriazioni nelle ginocchia e nei gomiti, e il medico legale che ha disposto l’ispezione cadaverica non ha trovato il fungo schiumoso, principale reperto di chi muore affogato. Effettueremo anche nuove attività sul telefonino di Vadim che, inspiegabilmente, alle 7.15 circa del sabato mattina squillava nuovamente, lo stesso telefono che è stato trovato sul corpo di mio figlio dopo che era rimasto parecchie ore in acqua. La Procura spero approfondisca le indagini perché mio figlio e noi genitori meritiamo rispetto e verità».