Ravenna, 11 settembre 2024 – Ce lo siamo sempre immaginato così: con il naso aquilino e il mento prominente, l’aria vagamente arcigna ma in fondo bonaria dei personaggi che siamo abituati a vedere fin da bambini nei libri di scuola. Ma nel tempo verità, dipinti e leggende come sempre si mescolano, e chissà se Dante Alighieri aveva davvero quell’aspetto. Nell’ultimo secolo tanti studiosi hanno tentato di ricostruire il suo vero volto, e lo hanno fatto tutti basandosi su una serie foto del teschio effettuate nel 1921, quando le ossa vennero esposte e l’antropologo Fabio Frassetto potè esaminarle. Riportò i dati nei suoi studi, e tutte le ricostruzioni fatte in seguito - quella del 2007 dell’antropologo dell’Università di Bologna Giorgio Gruppioni, quella del 2021 dell’odontologa Chantal Milani e quella del grafico brasiliano Cicero Moraes di quest’anno - si basano su quelle misure e quelle immagini. Che però potrebbero essere state ritoccate, secondo le comparazioni tra quelle scattate nel 1921 e quelle pubblicate nel 1933 effettuate da Francesca Zangari, odontologa forense che ha lavorato con Milani e Gruppioni. Che ora vorrebbe effettuare una nuova ricostruzione del volto di Dante effettuando nuove misurazioni sui resti.
“Nel 2021 sono riuscita a trovare un metodo matematico per ipotizzare le dimensioni della mandibola, che non abbiamo mai avuto: già nel 1865, quando le ossa vennero rinvenute casualmente durante una ristrutturazione in una cassettina nel convento francescano, non c’era – dice Zangari –. L’Università di Dundee, in Scozia, ha infatti trovato un metodo matematico per ipotizzare le dimensioni della mandibola in base al cranio. E così ho contribuito alla ricostruzione del volto effettuato dalla professoressa Milani”.
Successivamente Zangari ha esaminato meglio le foto. E si è accorta di un aspetto singolare. Le foto su cui si basano tutte le ricostruzioni del volto di Dante sono state effettuate da Frassetto nel 1921, i cui originali si trovano alla Classense. Nel 1933 Frassetto pubblicò un libro più completo con le foto. Ma le immagini non sono uguali, dice Zangari che le ha comparate: “Nelle prime foto la parte ossea che dovrebbe contenere gli incisivi è presente, nelle seconde no. So che all’epoca Frassetto chiese alla giunta di Ravenna di effettuare i calchi del palato e della parte frontale anteriore del cranio, cosa che gli fu vietata per timore di danni. Ipotizzo che lui abbia prima fatto le foto, le prime, e poi preso abbia preso comunque i calchi, accorgendosi poi di averlo danneggiato. E abbia, nel 1933, pubblicato delle foto modificate, cosa che era già possibile allora, in modo che potessero corrispondere ai calchi. Le misure che lui indicò nel 1933, inferiori rispetto a quelle indicate da due medici dopo il ritrovamento nel 1965, potrebbero non includere lo spazio occupato dagli incisivi: pochi millimetri che però fanno la differenza. E così tutte le ricostruzioni effettuate in seguito partono da premesse sbagliate”. Nel 2021, in occasione dei 700 anni della morte di Dante, la cassetta con le ossa avrebbe dovuto essere riaperta. “C’era stato l’annuncio, poi si disse che per il covid non sarebbe avvenuto – prosegue Zangari – ma le ossa potrebbero avere misure diverse rispetto a quelle su cui abbiamo lavorato, visto che non sapevamo che non includevano la porzione anteriore. Questo metterebbe in discussione tutte le ricostruzioni. Sarebbe bello poterle rivalutare per effettuare analisi più accurate”.