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Vittime dell’amianto, un capitolo non chiuso

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Ma la Corte d’appello annullò la sentenza e l’uomo dovette restituire 26 mila euro per poi scoprire oggi di essere malato di mesotelioma, proprio a causa dell’esposizione all’amianto. "Enzo Ossani, che lavorava con me, è morto di tumore – dice Bruno –. Ora voglio che tutto questo si sappia". Il giorno dopo si è fatta viva con il Carlino Lidia, la vedova del suo amico: "Anche a Enzo furono revocati i benefici di legge e dovetti ridare all’Inps 69mila euro". Ma perché si è arrivati a tanto? La legge del 1992, che mise al bando l’amianto, previde un beneficio pensionistico a chi "per oltre dieci anni era stato esposto all’amianto" a causa del lavoro. Una forma di ristoro monetario per coloro che, una volta in pensione, avrebbero forzatamente vissuto anni con il terrore di ammalarsi prima o poi di asbestosi o peggio di mesotelioma. All’inizio del secolo il governo si rese conto che i conti dell’Inps venivano falcidiati da quei benefici e fece approvare dal parlamento vari paletti: la giurisprudenza delle Corti d’appello e della Cassazione si adeguò. Di qui le sentenze secondo cui era necessario che fosse una perizia a stabilire la presenza di amianto nell’ambiente di lavoro. Una perizia fondata solo su formule statistiche, funzionale al risparmio per l’Inps, ma ben diversa rispetto alla realtà. E decidere il destino di un uomo sulla base della statistica è la peggiore delle sconfitte.

Andrea Degidi