
La tragedia colpì Federico Pellini e la sua famiglia: il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per i proprietari del terreno e un dipendente comunale .
La sua morte inaspettata, a soli 20 anni, sconvolse la comunità. Federico Pellini viveva con la famiglia a Monzone, lavorava nella latteria di Quara e voleva fare il carabiniere. Alle 4 della notte del 12 dicembre 2021, alla guida della Fiat Panda della madre, stava percorrendo la strada vicinale a uso pubblico di via San Michele Arcangelo, a pochi chilometri da dove abitava. C’erano neve e gelo: in corrispondenza di una curva a sinistra, Pellini fuoriuscì dalla carreggiata scontrandosi contro un manufatto a ridosso del ciglio della strada, che copriva una cisterna per la raccolta delle acque piovane. Il pozzo si scoperchiò a seguito dell’impatto e il 20enne, sceso dalla macchina per verificare i danni, vi cadde dentro. C’erano quattro metri d’acqua: il ragazzo non trovò appigli e, secondo quanto stabilito dall’autopsia, morì per annegamento. Stando a quanto emerso, procedeva a velocità adeguata.
Dopo alcune verifiche, la Procura chiese l’archiviazione, ma il giudice delle indagini preliminari Andrea Rat accolse l’opposizione dei familiari e ordinò al pm nuovi accertamenti. Ora in udienza preliminare davanti al giudice Luca Ramponi figurano imputate tre persone per omicidio colposo: la responsabile comunale della manutenzione stradale del Comune di Toano e la coppia proprietaria del terreno. I genitori Enrico e Monica, che il giovane lasciò insieme a un fratello e due sorelle, si sono costituiti parte civile, assistiti dagli avvocati Domenico Noris Bucchi e Simone Bazzoli: al momento non hanno ricevuto un risarcimento. Ieri in tribunale il pubblico ministero Piera Cristina Giannusa ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti, domanda a cui si è associato l’avvocato Bucchi. Parola poi all’avvocato Michele Jasonni per il Comune di Toano in veste di responsabile civile (in quanto datore di lavoro), che ha chiesto il non luogo a procedere. La difesa è affidata agli avvocati Valeria Miari (per la dipendente comunale) e Chiara Bardelli (per la coppia) che terranno le arringhe nella prossima udienza. Tra gli argomenti sollevati in aula, da una parte la conoscenza - o conoscibilità - della presenza della cisterna, che sarebbe stata ignota agli uffici pubblici perché non sarebbe risultata dagli atti e per di più sarebbe stata celata da un ‘casotto’ su una proprietà privata.
Per provare la manutenzione fatta dal Comune, l’avvocato Miari ha prodotto ieri il dettaglio del gps che confermerebbe il passaggio dello spazzaneve per due volte, il giorno prima dell’incidente e anche della macchina spargisale. I proprietari, un 69enne e una 62enne di Castellarano, sono accusati di violazioni al codice della strada per "aver contribuito a creare uno stato di pericolo per la circolazione" sia a causa della "prossimità del manufatto alla strada", sia per "il materiale di cui risultava essere costituito". Si ravvisa anche il mancato rispetto del Testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici: "Mancava il chiusino metallico di protezione della bocca del pozzo e il manufatto era posizionato a quota pari, se non inferiore, rispetto al piano di campagna". Avrebbero anche infranto il codice civile per danno cagionato da cosa in custodia: "Non hanno intrapreso interventi idonei a rendere sicuro il manufatto". Anche alla dipendente del Comune, una 49enne di Villa Minozzo, si contesta la violazione del codice della strada "per non aver provveduto, in spregio alla sicurezza della circolazione, alla manutenzione, gestione e pulizia della strada vicinale e del manufatto che copriva la cisterna". E anche "non aver apposto qualsiasi segnaletica per indicare le caratteristiche della carreggiata".
Alessandra Codeluppi