
Incidenti e morti sul lavoro. Cgil e Uil insorgono: "Ora basta chiacchiere"
"Basta chiacchiere, non si può anteporre il profitto alla vita delle persone". È la dura presa di posizione dei sindacati Cgil e Uil che – con un comunicato congiunto firmato dai rispettivi segretari generali Cristian Sesena e Roberto Rinaldi – intervengono sull’annosa questioni degli infortuni sul lavoro e sulle ’morti bianche’.
"L’ennesimo incidente sul lavoro di due giorni fa a Correggio (un operaio di 28 anni è caduto da un’altezza di 8 metri, dal tetto di un capannone di un’azienda edile di Lemizzone e ora si trova in gravi condizioni, ndr) ci dice una cosa semplice: le condizioni in cui spesso si lavora, anche nella nostra provincia, soprattutto in alcuni settori come
edilizia, agricoltura e logistica, sono troppo precarie e prive di tutele", la premessa di Sesena e Rinaldi. Che poi lanciano un appello al prefetto Maria Rita Cocciufa: "Confidiamo che il tavolo presieduto in prefettura – che alcuni giorni fa ha registrato importanti avanzamenti – possa produrre, con l’apporto convinto di tutti gli attori coinvolti, concreti passi avanti per rendere il lavoro più sicuro e ridurre a zero il rischio di infortuni gravi o mortali. È necessario un approccio a 360 gradi che parta dalle scuole, insegnando ai ragazzi il valore imprescindibile della salute e sicurezza, per arrivare alle imprese che devono smettere di vedere in quest’ultima un costo da abbattere invece di un investimento". Infine, concludono Cgil e Uil, "siamo dell’idea che, a partite dal contesto logistico/ industriale di Mancasale, si devono iniziare a costruire protocolli tra tutti gli stakeholders interessati: sindacati, istituzioni, parti datoriali ed organi di controllo per arginare il fenomeno. Il ruolo delle Istituzioni, come degli enti preposti a partire dallo Spsal, sono centrali. C’è bisogno di medici del lavoro, tecnici della sicurezza e ispettori". Non manca anche una stoccata alla Meloni anche dopo l’ultima tragedia: "Su questo fronte anche il Governo non può continuare a fare orecchie da mercante per poi stracciarsi le vesti tardivamente come accaduto per la morte del bracciante dell’Agro Pontino Satnath Singh. Riteniamo che, in questi casi, il reato di omicidio colposo a carico del datore di lavoro debba trovare cittadinanza nel nostro ordinamento. Di fronte a morti così assurde le chiacchiere stanno a zero. Le punizioni siano esemplari per chi antepone il profitto non solo alla dignità ma anche alla vita di chi lavora, spesso in condizioni disumane, per pochi euro all’ora".