Paracadutisti morti, forse sono svenuti nello scontro: "Per questo non hanno reagito"

Il direttore della scuola, Paolo Haim: "Il violento impatto in volo, a pochi metri dal suolo potrebbe spiegare il tentativo mancato di attivare l’emergenza". Un mazzo di fiori nel punto dell’impatto

Il mazzo di fiori lasciato nel punto in cui sono precipitati Grossi e Del Giudice

Il mazzo di fiori lasciato nel punto in cui sono precipitati Grossi e Del Giudice

Reggio Emilia, 20 giugno 2022 - Gabriele Grossi e Fabrizio Del Giudice, 35 e 54 anni, i due istruttori di paracadutismo morti ieri al Campovolo dopo essere entrati in collisione a un centinaio di metri da terra, potrebbero aver perso conoscenza nel momento in cui si sono scontrati in volo. Dunque, anche se fossero entrati in contatto ad una maggiore distanza dal suolo – circostanza che avrebbe potuto garantire di sganciare le velature aggrovigliate e di dispiegare in tempo quelle d’emergenza – difficilmente sarebbero stati in grado di adottare le procedure previste in questi casi.

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Paolo Haim, il direttore della Body Fly University (la grande scuola del campovolo che sabato ha ospitato la manifestazione organizzata dall’Aeroclub di Pisa) è di questo avviso: "L’impatto credo sia avvenuto a meno di cento metri da terra, circostanza che complica la possibilità di aprire l’altra vela. Ma certamente, nell’impatto tra le due vele principali, il rimbalzo tra i due corpi è stato violento e credo che abbia estremamente limitato la capacità di reazione di entrambi. Se nessuno dei due ha aperto l’emergenza credo che sia dipeso principalmente da questo".

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Una tragedia, quella di sabato, che per certi versi ricorda quella accaduta nel 2011, quando l’esperto Mariano Del Medico (alpino paracadutista e direttore di lancio) e Alessandro Spedicato (agente di Polizia) si scontrarono fatalmente negli attimi della ’deriva’ (il momento in cui gli sportivi lasciano la formazione e si allontanano tra loro per aprire il paracadute in sicurezza): le velature si aprirono auomaticamente (comandate dall’altimetro) ma per entrambi era troppo tardi.

Ieri mattina, sotto il sole cocente di una giornata così diversa dal solito, gli amici hanno deposto un mazzo di fiori nel punto dell’impatto. I volti scuri. Per la comunità dei paracadutisti sportivi che si ritrova negli hangar della Bfu è la domenica, amara, dei perché, queli a cui cerherà di dare risposta l’inchiesta avviata dalla pm Piera Cristina Giannusa.

Qualcuno salta dall’aereo nel cielo blu per ricordare gli amici Gabriele Grossi e Fabrizio Del Giudice – 10mila lanci il primo, 4mila il secondo – ma le attività in tandem della scuola sono rimasta sospese in segno di lutto.

Come è potuto accadere? Ogni lancio è adrenalina, è rinnovare la sfida alle proprie paure, la meraviglia del cielo silenzioso, e tutti qui – uomini e donne che condividono la stessa passione – sono pienamente consapevoli che questa disciplina contempla una percentuale, purtroppo ineliminabile, di rischio.

"Ma quando capita a due persone così esperte, non riesci ad accettarlo, a darti una spiegazione". Una fatalità. Un insieme di cause sfortunate: la compresenza di 36 vele aperte, che hanno determinato una sorta di ’traffico aereo’ nella zona lancio; il sole radente da est, che ha limitato la visibilità degli sportivi durante le manovre di discesa ed avvicinamento; il desiderio di atterrare nell’area più vicina agli hangar, quella riservata agli atleti con più di 500 lanci all’attivo, trascurando le zone di atterraggio più lontane, riservate ai meno esperti, che vengono raccolti con un furgone.

Il generale di Divisione Marco Bertolini – originario di Rubiera, paracadutista inc ursore, uno dei comandanti più carismatici della Folgore – conosce bene, alla pari dei fratelli Paolo (ufficiale paracadutista) e Giovanni (pilota e istruttore civile), il nostro campovolo.

E’ iscritto alla sezione reggiana dell’Anpdi, l’associazione d’arma, di cui è presidente nazionale. "Un fatto che mi addolora, esprimo la mia vicinanza alle famiglie", dice.

"Non conosco i dettagli e non posso esprimermi con certezza sull’accaduto", premette con prudenza.

"Mi sembra che la tragedia sia dovuta ad uno scontro avvenuto ad una quota molto bassa, quando non c’è più tempo di sganciare la velatura principale. In questi casi, purtroppo, non c’è emergenza che tenga. Una fatalità".