Aemilia, attesa la sentenza di primo grado

Il collegio dei giudici leggeranno il verdetto alle 11 nell’aula bunker del tribunale AGGIORNAMENTO / Ecco la sentenza. Due anni a Vincenzo Iaquinta

Un'aula di tribunale

Un'aula di tribunale

Reggio Emilia, 31 ottobre 2018 - E' arrivato il giorno più atteso, quello in cui sarà emessa la sentenza di primo grado con rito ordinario del processo ‘Aemilia. Questa mattina il collegio dei giudici – presieduto da Francesco Maria Caruso, a latere Cristina Beretti e Andrea Rat – rientrerà nell’aula bunker del tribunale di Reggio per leggere il verdetto relativo ai 148 imputati del procedimento di ‘ndrangheta.

AGGIORNAMENTO / Ecco la sentenza. Due anni a Vincenzo Iaquinta

La blindatissima camera di consiglio in questura, iniziata nel primo pomeriggio di martedì 16 ottobre, si interromperà oggi alle 9.30, orario scelto, come afferma il tribunale, «per rendere possibile un ordinato svolgimento delle attività dell’udienza» che culminerà, secondo quanto divulgato sempre dal Palazzo di via Paterlini, alle 11, quando i giudici renderanno pubbliche le loro decisioni su condanne o assoluzioni. I magistrati della Dda di Bologna, Marco Mescolini - ora a capo della Procura reggiana - e Beatrice Ronchi hanno chiesto in tutto 1.712 anni di pena.

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Alla sbarra sono finite persone con un curriculum criminale assai denso e altre incensurate e insospettabili, volti noti e altri sconosciuti, manovali e colletti bianchi. Ad esempio l’imprenditore edile Giuseppe Iaquinta e il figlio Vincenzo, ex calciatore della Nazionale e della Juve. O il reggiano Mirco Salsi, ex patron della Reggiana Gourmet di Bagnolo.

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Augusto Bianchini modenese titolare dell’omonima ditta di costruzioni, insieme al figlio Alessandro e alla moglie Bruna Braga. Oppure il brigadiere dei carabinieri Mario Cannizzo, il maresciallo Alessandro Lupezza e l’agente della polizia di Stato di Catanzaro Francesco Matacera. Michele Bolognino, considerato reggente del clan nella provincia di Parma, è l’unico accusato di essere uno dei capo promotori ad aver scelto il rito ordinario. Gli altri hanno scelto l’abbreviato, che si è concluso pochi giorni fa con 40 condanne confermate in Cassazione. Sono 34 le persone a processo per associazione di stampo mafioso (416 bis).