Processo Saman Abbas, la verità del fratello: “Si è messo le mani sugli occhi e ha iniziato a parlare”

La testimonianza del luogotenente Antonio Matassa. Dopo un'ora di audizione il ragazzo disse: “Adesso vi dico tutta la verità”. Alla prossima udienza sopralluogo in casa Abbas

Reggio Emilia, 14 aprile 2023 – Processo per l’omicidio di Saman Abbas: oggi in aula l’ascolto dei testimoni dell’accusa davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia.

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Il luogotenente Antonio Matassa, comandante del Norm della compagnia dei carabinieri di Guastalla, ha riferito i primi atti di indagine sulla scomparsa della ragazza pachistana, in ipotesi di accusa tra il 30 aprile e il primo maggio di quell'anno da cinque familiari. Ha raccontato di come il fratello della giovane – considerato un testimone chiave, viste le sue dichiarazioni accusatorie nei confronti dei parenti – il 15 maggio 2021 venne sentito dai carabinieri e improvvisamente ebbe come “un cedimento emozionale”. Dopo un'ora di audizione disse: “Adesso vi dico tutta la verità”. Da quel momento iniziò a parlare “in maniera libera” anche senza bisogno di domande, “sembrava che si stesse liberando”.

“A un certo punto – ha riferito il luogotenente – quando parlava di lei (della sorella, ndr), si è come accasciato in basso, mettendosi le mani sugli occhi, aveva gli occhi lucidi e gonfi e ha risposto con la voce tremula”. Dopo l'audizione l'ipotesi investigativa diventò quella “dell'omicidio in ambito familiare”: visti i video e altri elementi raccolti “e le dichiarazioni del minore”. All'epoca 16enne, era stato rintracciato vicino alla frontiera ligure, mentre si stava allontanando insieme allo zio Danish Hasnain e fu portato in una comunità protetta.

Il processo in Corte d'Assise a Reggio Emilia
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Il rudere del ritrovamento fu “il primo posto dove cercammo”

Il luogotenente Matassa ha ricordato anche le prime fasi delle ricerche di Saman. Il casolare diroccato dove il corpo della ragazza è stato trovato sotterrato lo scorso 18 novembre, è “il primo luogo dove andammo a vedere: per struttura e distanza” dalla casa familiare “era quello che meglio si prestava a nascondere un corpo”.

Il testimone ha detto che quel casolare, a circa 700 metri dalla casa dove viveva la famiglia, era un "un rudere, diroccato, con parti crollate, sottoposto a vincoli”. “Ci siamo andati con le unità cinofile”, ma i cani specializzati nelle ricerche in quell'edificio non segnalarono nulla. Furono anche svuotati i canali di irrigazione, controllati i pozzi e le porcilaie. E il raggio venne allargato, “dalle serre in avanti”. Gli investigatori sono poi andati a scavare nel rudere a novembre scorso, su indicazione di uno degli imputati, lo zio di Saman, Danish Hasnain, che li ha portati nel luogo, riferendo di aver accompagnato, la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, i due cugini a seppellire il corpo della giovane parente.

Il padre ancora assente all’udienza

Le autorità pachistane non hanno predisposto il videocollegamento con l'Italia e ancora una volta il padre di Saman, Shabbar Abbas, non partecipa al processo in cui è imputato insieme altri quattro familiari. L'uomo aveva dato la disponibilità a essere sentito. I giudici della Corte d'Assise hanno comunicato che riproveranno ad averlo in collegamento nella prossima udienza, già fissata per il 21 aprile.

Nella prossima udienza sopralluogo a casa Abbas

E proprio il 21 aprile, la Corte di assise e le parti faranno un sopralluogo a Novellara, per vedere di persona i luoghi dove viveva e lavorava, alle dipendenze di un'azienda agricola, la famiglia della giovane pachistana e dove sarebbe stata assassinata. La presidente della Corte, Cristina Beretti, lo ha comunicato al termine dell'udienza, dopo che la richiesta era stata avanzata dai difensori dei tre imputati (lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq). La mattina del 21, invece, si continueranno a sentire testimoni chiesti dalla Procura reggiana, carabinieri del nucleo investigativo e del Ris. I giudici hanno anche fissato per l'udienza del 12 maggio una relazione preliminare dei periti medico-legali che hanno analizzato il corpo trovato sotterrato a metà novembre.

La difesa dello zio: “Orario della videosorveglianza mal tarato”

A margine dell'udienza Liborio Cataliotti, avvocato difensore di Danish Hasnain, lo zio della 18enne, ha segnalato due elementi che non tornerebbero: una discrasia sugli orari dei sistemi di videosorveglianza e un'utenza telefonica 'fantasma’, attivata da Shabbar Abbas, il 27 aprile 2021.

“Rimango convinto – ha detto Cataliotti parlando coi cronisti – che ci sia un punto di partenza che non necessariamente è corretto, anche se è il caposaldo di tutte le accuse mosse al mio assistito e ai due cugini. L'orario delle immagini del sistema di videosorveglianza dell'azienda Bartoli (datore di lavoro di Abbas a Novellara, ndr) a tanto voler concedere era mal tarato, la registrazione veniva sospesa ogni notte e l'altro sistema, di un'abitazione privata, aveva un orario completamente sbagliato”.

L'errore negli orari, secondo Cataliotti, "non è particolare da poco” perché quelle filmate dalle telecamere “sono le ultime immagini che riproducono in vita la povera Saman e sono decisive per stabilire chi possa aver partecipato all'efferato crimine”.

Per quanto riguarda l'utenza telefonica, "gli inquirenti la ritennero immediatamente sospetta: fu attivata il 27 aprile da Abbas Shabbar, che ne risulta intestatario” e “si riscontrano diversi contatti tra quell'utenza e alcuni altri protagonisti di questo processo, ma non posso ancora dire quali. Il dato – ha proseguito – è che si ipotizzò potesse essere Danish il fruitore di quest'utenza, il che dimostreremo non essere stato”.

Il collega del padre: “Non usavamo gli attrezzi senza l’autorizzazione del datore di lavoro”

Mahmood Nasir, lavoratore dell'azienda agricola Bartoli in cui era impiegato anche il padre di Saman, ha spiegato al processo che lui e gli altri dipendenti non usavano "gli attrezzi e i mezzi agricoli senza l'autorizzazione del datore di lavoro. Se ci diceva di prendere il trattore per raccogliere i frutti facevamo come diceva lui". Quanto al lavoro fuori orario nei campi, Nasir ha affermato che "non c'era un orario straordinario ben preciso, quello si seguiva soltanto in estate quando i cocomeri erano maturi e si stava un'ora e mezzo in più per dargli l'acqua". "Al massimo – ha concluso il teste – si finiva alle 18 e 30". La sera del 29 aprile 2021, il giorno prima della morte di Saman, un video registrato dalle telecamere di sorveglianza della ditta mostra lo zio di Saman e i due cugini, tutti imputati, andare verso le serre con due pale e un piede di porco in mano. Torneranno quasi tre ore dopo attorno alle dieci di sera.