Saman Abbas ultime notizie, le parole dello zio smentite da Bartoli

Danish ha detto che il 29 aprile, quando è stato ripreso, stava lavorando in un campo concesso dal proprietario. Che smentisce

Reggio Emilia, 27 gennaio 2022 - "Sì, avevo concesso un terreno a Shabbar Abbas, il padre di Saman. Ma nel 2021 non venne fatto alcun lavoro per l’orto". Mentre i carabinieri, coordinati dal pm Laura Galli, stanno facendo verifiche sulle dichiarazioni rilasciate da Danish Hasnain, lo zio di Saman Abbas, durante l’interrogatorio di garanzia, la prima smentita alla sua versione arriva da Ivan Bartoli, titolare dell’azienda agricola di Novellara dove lavorava la famiglia pakistana.

Lo zio di Saman Abbas
Lo zio di Saman Abbas

La sera del 29 aprile le telecamere registrarono il 34enne Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz (ora in carcere a Reggio) e Nomanhulaq Nomanulhaq (latitante) mentre si aggiravano sul retro del casolare, con due pale, un piede di porco, un secchio e un sacco di plastica azzurro. Dapprima si vedono il fratello sedicenne di Saman e lo zio che escono dalla casa in via Colombo 103; poi "Hasnain fa cenno al nipote di restare lì e non seguirlo. Il 16enne tornerà a casa", e infine l’andirivieni con gli strumenti in mano. Come il minorenne ha poi raccontato, lo zio non voleva che lui li affiancasse nei lavori. Secondo la ricostruzione investigativa, questo filmato fornirebbe una "grave prova indiziaria" della "fattiva collaborazione" fornita dai cugini a Hasnain "nel realizzare gli atti preparatori per l’occultamento del corpo di Saman".

Nello specifico, "i tre, muniti di attrezzi agricoli, alle 19.19 vanno sul retro dell’azienda, facendovi ritorno dopo cinque minuti. Poi vanno nella carraia dove si incammina per l’ultima volta Saman nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, per una verosimile ispezione dell’ambiente dove commettere il crimine. Alle 19.33, e comunque in orario non lavorativo, terminato alle 18.30, tornano a prelevare gli attrezzi già individuati poco prima e poi vanno nell’area posteriore al capannone dell’azienda agricola. I tre uomini rientrano a casa alle 21.50, quindi 2 ore e 17 minuti dopo la partenza". Su questa circostanza, Hasnain, sentito lunedì davanti al gip Luca Ramponi, ha detto che "stavano andando a sistemare l’orto nel terreno loro concesso dal titolare dell’azienda". Bartoli conferma a metà e solleva un dubbio: "Nel 2019 avevo in effetti dato l’appezzamento a Shabbar Abbas, poi i lavori li facevano anche i suoi familiari. Quel terreno dista qualche centinaio di metri da casa mia. Nel 2020 – racconta – avevano coltivato peperoncino e altre piante da loro usate per preparare pietanze tipicamente orientali. Ma nel 2021 non avevano fatto alcun lavoro nell’orto: l’anno scorso il terreno è sempre rimasto incolto, spoglio e non è mai stato utilizzato". Il ricordo di Bartoli suona come una messa in dubbio delle parole di Hasnain, anche alla luce del fatto che quei presunti lavori nell’orto di cui ha parlato il 34enne sarebbero stati fatti alla sera, a fine maggio, quando c’è buio. Bartoli, nella cui azienda per due mesi è stato cercato, senza trovarlo, il cadavere della ragazza, si mostra ancora scosso: "Saman è un pensiero che ancora ci accompagna. Secondo noi potrebbe essere non sepolta tra le nostre serre, ma comunque in un posto non lontano da noi". In uno di quei tantissimi campi che si trovano nella bassa novellarese, dove è difficile persino per chi ci abita non perdersi. Le ricerche, come ci si ricorderà, sono andate avanti per mesi con le migliori tecnologie a disposizione e l’utilizzo di diversi cani molecolari, ma del corpo di Saman non è stato trovato ancora nulla.

Ieri, intanto, i carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma hanno iniziato gli accertamenti genetici su una scatola cranica trovata in riva al Po a Boretto - se si avrà conferma che sia un resto umano, si farà la comparazione col Dna di Saman - e su abiti di Hasnain sequestrati nella sua abitazione e quelli degli altri indagati.