BENEDETTA SALSI
Cronaca

Saman, la palla alla diplomazia. Sull’estradizione del padre pesano i valori del Pakistan

Shabbar Abbas, padre della sedicenne uccisa, fu rintracciato nel Punjab e arrestato. Trasferirlo in Italia però potrebbe essere vissuto come una resa al sistema occidentale

Reggio Emilia, 12 febbraio 2023 - Settemila chilometri dividono oggi i pezzi della famiglia Abbas disintegrata. Pezzi che hanno assunto ruoli diversi, vestendo i panni di attori di un delitto che potrebbe cambiare la storia dei diritti e delle seconde generazioni in questo Paese. Saman oggi è già un simbolo di libertà. Ancor prima che il processo per il suo omicidio spicchi il volo. In aula venerdì, alla prima udienza del dibattimento in cui si formerà la verità giudiziaria, centinaia di vite hanno incrociato i loro destini. Associazioni, enti, avvocati: tutti lì per raccontare la storia di quella ragazza che sognava la libertà; per combattere al fianco del suo ricordo.

Il commento di Valerio Baroncini

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Saman Abbas
Saman Abbas

Alla sbarra, presenti, tre dei cinque parenti accusati di esserne diventati gli aguzzini il 30 aprile del 2021 nelle campagne di Novellara. Uomini dai volti che sembrano maschere, contadini prestati a diventare soldati. Visi segnati da rughe profonde, occhi nerissimi e un’espressione che non cambia mai. Loro, cugini e zio della 18enne pakistana che si ribellava a un matrimonio forzato, ora devono difendersi dall’accusa di averla uccisa e sepolta in una buca a pochi passi da casa.

Lo zio Danish – maglione beige e piumino rosso smanicato – è colui che secondo la procura l’avrebbe soffocata mentre i due cugini, Ikram e Nomanhulaq, la tenevano ferma. La polizia penitenziaria lo ha tenuto diviso dagli altri due imputati, ingressi diversi; lontani, da quando Danish ha deciso di collaborare con la giustizia: ha indicato agli investigatori lo scorso novembre dove scavare per trovare il corpo di Saman, che da un anno e mezzo tutti cercavano invano. Nel farlo ha cercato di scagionarsi: lui quella notte sarebbe stato chiamato dal fratello e avrebbe visto la 18enne già morta, prima di aiutare a seppellirla. Ma gli inquirenti non gli credono e non hanno modificato le accuse a suo carico.

Davanti ai giudici e a tutte quelle telecamere, taccuini e flash, però, mancavano i due attori principali di questa tragedia: padre e madre di Saman. Sono volati in Pakistan il giorno dopo il delitto e da allora le loro vite hanno preso strade diverse. C’è chi dice che la moglie Nazia abbia lasciato Shabbar appena tornati in patria, vedendolo sempre ubriaco, a volte con il kalashnikov in mano a sparare in aria; e che ora lei viva dai fratelli, protetta da una influente parentela nella polizia locale. Di certo c’è che la 47enne da allora è latitante. Mentre il marito è stato arrestato il 15 novembre nella regione del Punjab, pochi giorni prima che suo fratello Danish iniziasse a collaborare con la giustizia. Shabbar è in carcere, su mandato di arresto internazionale proprio per la morte di sua figlia Saman ed è in corso la procedura – costellata di continui rinvii (siamo a dieci) – per decidere della sua estradizione.

La partita, però, non è semplice e si sta giocando sulla scacchiera della diplomazia. In Pakistan, Paese spaccato da enormi conflitti sociali, oltre due terzi della popolazione ancora è fortemente radicata alle tradizioni, compresa quella del matrimonio combinato; e una linea labilissima divide il concetto di ’combinato’ da quello di ’forzato’. Così, l’estradizione di Shabbar potrebbe diventare anche un boomerang di mancato consenso elettorale per il governo pakistano. Non essendoci accordi bilaterali fra Italia e Pakistan, infatti, dopo l’eventuale parere positivo del giudice l’ultima parola per il rientro in Italia del 46enne spetterebbe alla politica. Ed è in questo delicatissimo spazio che si inseriscono le comunicazioni fra la magistratura e l’ambasciata italiana con le autorità di Islamabad.

La volontà è quella di non far sì che l’estradizione di Shabbar possa essere letta dalla popolazione pakistana come una ’resa’ o addirittura una condanna al loro sistema valoriale, nei confronti invece di quello occidentale. In questo senso andrebbero anche i tentativi dell’uomo di alzare i toni su come i "servizi sociali italiani abbiano traviato la figlia", che lui vorrebbe far credere ancora viva, sottraendola addirittura alla famiglia. Nulla di tutto ciò: Shabbar Abbas è un padre accusato di aver sequestrato e ucciso la figlia Saman. E per questo l’Italia sta chiedendo da mesi che il Pakistan lo faccia tornare indietro: perché possa prendere parte a un giusto processo, come imputato di un delitto. Nel frattempo, la procura ha chiesto che possa essere messo nella condizione di poter partecipare almeno in videoconferenza. Così facendo, intanto, potrà almeno essere giudicato ’in assenza’ anche se si dovesse rifiutare.