
Secondo l’accusa, avrebbero utilizzato un manganello telescopico e spray al peperoncino per convincere un cittadino extracomunitario, nigeriano senza fissa dimora, a sloggiare dal parcheggio di un supermercato di via Euterpe. Ipotesi che loro hanno sempre respinto, sostenendo al contrario di aver agito solo per difendersi in modo legittimo. È cominciato in questi giorni al tribunale di Rimini il processo che vede alla sbarra l’ex portavoce di Forza Nuova (ruolo ricoperto tra il 2015 e il 2017), il santarcangiolese Andrea Barlocco, e la moglie, Sabrina Saccomanni, entrambi difesi dall’avvocato Alessandro Fabbri. Con loro anche un terzo ex attivista di Forza Nuova, il riminese Andrea Pio Loco, difeso dall’avvocato Mario Giancaspro. Il reato contestato è violenza privata.
Tutti e tre, nel 2020, erano già stati implicati nel processo per il finto funerale, con tanto di bara, inscenato a Cesena per protestare contro l’unione civile di due ragazzi gay. Un caso che aveva fatto molto discutere, salendo anche alla ribalta delle cronache nazionali, spingendo i due giovani cesenati che quel giorno si unirono in matrimonio, il Comune di Cesena e l’Arcigay di Rimini-Forlì a costituirsi parte civile. Il processo si era concluso con una condanna, per il solo reato di diffamazione, nei confronti degli undici attivisti protagonisti della messa in scena. Dal 2017, Barlocco e Saccomanni avevano preso le distanze da Forza Nuova, fino a decidere di lasciare il partito.
Ora entrambi si trovano nuovamente davanti al giudice, ma per un’altra vicenda, avvenuta invece nel 2016. Stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti (che dovrà ora essere sottoposta ad esame da parte del giudice), la coppia e il terzo attivista avrebbero minacciato ed esercitato delle pressioni su un clochard nigeriano, sorpreso a stazionare nel parcheggio del supermercato. Nella concitazione – è la tesi dell’accusa – sarebbero saltati fuori anche un manganello telescopico e dello spray al peperoncino. Barlocco e Saccomanni, così come Pio Loco, hanno però sempre negato ogni addebito, sostenendo anzi di essere loro stessi vittime dell’immigrato, che li avrebbe aggrediti, obbligandoli a reagire. A quel punto avrebbero fatto ricorso allo spray al peperoncino e al mangangello solo come forma di legittima difesa. A dimostrazione di questa versione, ci sarebbe anche la chiamata fatta dalla Saccomanni, che per prima allertò le forze dell’ordine.