
A sinistra in alto, in bianco e nero, Spadolini all’Associazione della stampa estera in Italia e Spadolini direttore a il Resto del Carlino. In basso a sinistra Spadolini con l’editore, il Cavaliere Attilio Monti. A destra, Spadolini durante una visita nella nuova sede della testata in via Mattei
Giovanni Spadolini era solito ripetere di avere tre anime, lo storico, il giornalista, il politico, o meglio l’uomo delle istituzioni. Le prime due le aveva coltivate fin dalla tenera età: a nove anni, in quarta elementare, aveva scritto il suo primo “libro”, a mano su un quaderno, ’Avvenimenti importanti della storia d’Italia’; a undici, al ginnasio, aveva dato vita al suo primo giornalino, ’Il mio pensiero’. Appena laureato in giurisprudenza approda al giornalismo di professione. Allorché assume la direzione a il Resto del Carlino, nel 1955, ha alle spalle significative esperienze. Nel 1948 Mario Missiroli, il suo “maestro”, lo chiama a Roma a Il Messaggero; l’anno successivo Pannunzio lo coinvolge fin dal primo numero de Il Mondo, il periodico più anticonformista del secondo dopoguerra. Lunghi articoli culturali quelli di Spadolini, autentici saggi sull’associazionismo laico e cattolico che avrebbero indirizzato i filoni della ricerca storica e dei corsi universitari, iniziati nel 1950 alla Facoltà di Scienze Politiche di Firenze “Cesare Alfieri”.
Lo stesso anno in cui Alberto Mondadori gli affidava la Rubrica “Affari interni” nel nascente settimanale Epoca. Interprete di tutte le forze che si riconoscevano nel metodo della libertà, Spadolini combatté dalle colonne del Carlino ogni integralismo, aperto al dialogo e al confronto delle idee, esaltò valori della democrazia parlamentare e dell’unità nazionale e affrontò i grandi temi che appassionavano la pubblica opinione, discutendo le questioni di fondo della vita nazionale. La linea politica, che accompagnò il passaggio dal centrismo al centro-sinistra procedette di pari passo con una linea editoriale tesa allo sviluppo della testata. Dal 1955 al 1968 – tredici anni, tanto si protrasse la sua direzione – la tiratura raddoppiò (da 100 a 200mila copie) e il Carlino si estese con le cronache locali in Veneto con le direzioni di Rovigo e Padova, spingendosi fino a Belluno, completò la presenza nelle Marche con l’edizione di Ascoli e lanciò una testata di ponte in Lombardia attraverso la pagina dedicata a Mantova; sdoppiò talune edizioni come quella di Rimini da Forlì, di Urbino da Pesaro. Grazie al sostegno della proprietà (dal 1966 divenne azionista di maggioranza il Cavaliere Attilio Monti) e al valido apporto di Carlo Pelloni, lo storico direttore amministrativo, fu intrapreso un potenziamento tecnico e organizzativo in tutti i rami dell’azienda.
Spadolini direttore. Sergio Maldini suo stretto collaboratore in quegli anni ha ricordato con queste parole le caratteristiche della sua direzione: "Aveva ereditato da Missiroli l’idea che dirigere un giornale fosse un sacerdozio o una missione… Dirigeva il Carlino come un collegio, di cui era il padre, il rettore, l’amministratore, l’economo, il maestro spirituale, tutto". Il direttore era solito lasciare per ultimo la redazione, e trascorreva volentieri “notti bianche” con i suoi giornalisti, spesso alla ricerca di un ristorante ancora aperto dove poter dare sfogo al suo estro di conversatore e gustare la prelibata cucina bolognese. Notizie, inchieste, nonché formazione di alta qualità. La cultura sempre in primo piano. Particolare attenzione era riservata alla “terza pagina” dove si alternavano i grandi scrittori dell’Emilia Romagna, quali Marino Moretti e Riccardo Bacchelli, Francesco Serantini e Giuseppe Raimondi. Accanto a loro Giuseppe Prezzolini, Ignazio Silone e tanti altri.
La distensione, sul piano interno e internazionale, fu fra i principali obiettivi perseguiti dalla testata: anche nel delicato rapporto fra Stato e Chiesa, in quella Bologna “sospesa” fra il sindaco comunista Dozza e il cardinale Lercaro. Il titolo di un articolo di fondo di Spadolini, il primo a cogliere il radicale cambiamento derivante dall’elezione di Giovanni XXIII, Il Tevere più largo, è entrato nel linguaggio comune a significare le aperture del Vaticano nei confronti dello Stato e della tradizione del Risorgimento. L’esperienza alla direzione de il Resto del Carlino sarebbe risultata fondamentale nello svolgimento dei compiti che attendevano il Professore nella seconda parte della vita, caratterizzata dall’impegno politico istituzionale, quale ministro fondatore dei Beni Culturali o presidente del Consiglio o del Senato. Con un’attenzione costante ai problemi del giornalismo, fautore in parlamento dei provvedimenti legislativi volti a tutelare il pluralismo dell’informazione.
Il Carlino – confidò Spadolini ai lettori il 10 febbraio 1968, lasciando la direzione – "mi fu e mi sarà sempre caro, come una seconda famiglia": per questo una stanza della sua casa-museo a Pian dei Giullari sulle colline fiorentine è dedicata alla “sua” Bologna, con la libreria del direttore che Attilio Monti gli fece portare con sé e le incisioni di Giorgio Morandi appese alle pareti.
* Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia