"Sla, studio una proteina per dare speranza ai malati"

La ricercatrice di Unimore Serena Carra è a capo di un progetto finanziato da AriSLA: "Indagini fondamentali per nuove terapie"

"Sla, studio una proteina per dare speranza ai malati"

Una ricercatrice carpigiana, la professoressa Serena Carra dell’università di Modena e Reggio Emilia, è a capo di uno dei 3 progetti di ricerca di base Full Grant finanziato nel 2022 da AriSLA – Fondazione Italiana di Ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica. ll progetto "SUMOsolvable", che riceverà un finanziamento di 240.000 euro nel triennio, si propone di identificare fattori che aumentano la solubilità della proteina TDP-43 in condizioni di stress, poiché i fattori identificati rappresentano nuovi bersagli il cui potenziamento potrebbe aiutare a contrastare la progressione della malattia, una malattia che colpisce circa 1-3 casi ogni 100.000 abitanti all’anno e che conta più di 6.000 abitanti colpiti da SLA in Italia. Il progetto sarà sviluppato in collaborazione con il prof. Emanuele Buratti dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste ed il prof. Alessandro Rosa del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie ’Charles Darwin’ dell’università La Sapienza (Roma).

Come è nato l’interesse per questa grave patologia?

"Ho cominciato a studiare la SLA nel 2012. Durante il mio primo post-dottorato di ricerca iniziato nel 2004 a Quèbec mi sono specializzata sugli chaperon molecolari ed i sistemi di controllo della qualità proteica, nonché sul loro ruolo nel contrastare l’aggregazione proteica, che è alla base di numerose patologie degenerative, inclusa la SLA. I meccanismi che regolano la risposta cellulare allo stress e l’aggregazione proteica è fondamentale per il disegno di terapie per alleviare le numerose patologie neurodegenerative, inclusa la SLA e la Demenza Frontotemporale".

Lei ha concentrato le sue ricerche sulla proteina TDP-43. Come mai?

"La proteina TDP-43 rappresenta il principale componente degli aggregati proteici che si accumulano nelle cellule dei pazienti affetti da SLA e Demenza Frontotemporale. Recenti studi confermerebbero un suo coinvolgimento anche in altre patologie neurodegenerative. Capire come prevenirne l’aggregazione e la disfunzione potrebbe dare una svolta alla cura di queste patologie. Un’altra proteina della quale ci interessiamo è FUS, anch’essa componente degli aggregati proteici".

Quanto si è vicini o lontani dal poter rivelare come si modifica la proteina?

"Vorrei poter dire ai pazienti ed alle loro famiglie che siamo molto vicini. Dobbiamo, però, essere consapevoli del fatto che le nostre nozioni di come le cellule (inclusi i neuroni) funzionano e rispondono allo stress sono ancora limitate. Questa consapevolezza deve far riflettere le istutuzioni e gli organismi politici, affinchè vengano istituiti dei programmi di sostegno alla ricerca di base, poiché i risultati di queste ricerche rappresentano la fonte ed i mattoni sui quali sviluppare nuove terapie".

Rivelare tutto quanto c’è da sapere sulla proteina TDP-43 sconfiggerebbe la Sla?

"Sarebbe semplicistico rispondere di sì. Sicuramente rappresenta un mattone fondamentale, ma i meccanismi sono complessi e non possiamo avere l’arroganza di credere di averli compresi nella loro totalità. Noi ricercatori facciamo del nostro meglio per comprendere i meccanismi di funzionamento cellulare ed i meccanismi patogenetici, utilizzando le notre conoscenze. C’è in noi una fiammella accesa che ci spinge a scoprire l’ignoto. E questo ignoto è una nuova strada da perseguire. TDP-43 è sicuramente una proteina chiave e svelare quali fattori ne causano la disfunzione rappresenta un tassello critico".

Alberto Greco